SIENA – Un appassionante concerto cala il sipario sulla stagione Micat in Vertice 2023-2024 dell’Accademia Musicale Chigiana, venerdì 17 maggio al Teatro dei Rinnovati, con la partecipazione di due astri emergenti del panorama musicale internazionale.
Il violoncellista Ettore Pagano, formato ai corsi estivi di alto perfezionamento dell’Accademia Chigiana, diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia, vincitore del Premio Kachaturia, è oggi uno dei migliori giovani interpreti. Erina Yashima, direttrice nata in Germania da genitori giapponesi, portata al successo da Riccardo Muti che ne ha celebrato sin dagli esordi il precoce talento, è alla testa della Komische Oper di Berlino, ma contesa dalle massime orchestre del globo. Sarà lei a dirigere l’ORT – Orchestra della Toscana con un programma che presenta due capolavori sinfonici: Antonín Dvořák, Concerto n. 2 in si min. op. 104; Pëtr Il’ič Čajkovskij, Sinfonia n.5 “Patetica” in si minore, op. 64.
Il Concerto per violoncello e orchestra op. 104 di Dvorák è una delle opere più famose del grande compositore boemo, uno dei caposaldi della letteratura orchestra della seconda metà del XIX secolo. Nel 1865 il ventiquattrenne Dvorák aveva già composto un Concerto in la maggiore per violoncello e orchestra, scritto per il violoncellista e compositore Ludwig Peer, Alla sua morte, pochi mesi dopo quella di Dvorák, il manoscritto fu venduto con le sue carte al British Museum di Londra. La prima esecuzione si tenne nel Conservatorio di Praga nel 1929, in occasioni delle celebrazioni per il 25° anniversario della morte del compositore, in una versione per violoncello e pianoforte realizzata da Jan Burian. Come nelle sue prime due sinfonie, Dvorák si ispirò agli stili classico e romantico. Questo concerto richiede una straordinaria padronanza tecnica, offrendo all’interprete la possibilità di sfoggiare uno sbrigliato virtuosismo.
Una sinfonia che è un testamento, la Patetica, l’ultima partitura di Čajkovskij. Pochi giorni dopo la prima esecuzione, il 16 ottobre 1893 a Pietroburgo, il compositore moriva. Mentre in città infuriava il colera, aveva bevuto dell’acqua non bollita. Forse imprudentemente o forse per sottrarsi allo scandalo provocato dalla scoperta della sua relazione omosessuale con un rampollo dell’aristocrazia russa. È una partitura narrativa: Čajkovskij racconta esplicitamente della lotta di un individuo, lui stesso, contro il fato ostile. E alla fine arriva la disfatta dell’uomo, raffigurata da un doloroso movimento lento che chiude la Patetica come mai una sinfonia era stata conclusa prima, in un mare di lacrime.