Confesso che inizialmente ero molto preoccupato per le “trasformazioni” in corso nella chiesa di Sant’Agostino a Volterra. E’ difficile per me non ricordare le Sante Messe di mattina, celebrate da Don Sandro, con una mistica luce che entrava dall’alto e con una penombra tanto adatta alla meditazione e alla preghiera. Da amministratore, mi sembrava invece alquanto difficile trovare una location migliore per il Museo Diocesano: dove meglio che accanto alla Cattedrale, in assoluto il monumento volterrano più visitato!

Eppure debbo dire che il lavoro portato avanti non solo mi è piaciuto, ma mi ha perfino stupito. Forse i dibattiti, anche accesi, sulla questione sono serviti e la spinta di tutti è andata nella direzione giusta. Entrando oggi in Sant’Agostino non si ha l’impressione di entrare in un Museo, bensì in una grande Chiesa monumentale. Ovvero in uno spazio sempre sacro (guai a far prevalere l’aspetto meramente espositivo!) per rendere vive e leggibili le grandi testimonianze d’arte e di cultura del Volterrano.

Di musei diocesani ve ne sono tantissimi in Italia e nel mondo. Spesso il loro scopo, più che quello di far vedere, è quello di conservare e questo è comprensibile. Purtroppo oggi noi stiamo perdendo la capacità di leggere quanto vediamo, di capire profondamente il senso e lo spirito di chi ha realizzato opere tanto lontane dalla nostra mentalità comune. Spesso oggi riusciamo a cogliere solo qualche frammento di bellezza, ma se riuscissimo a leggerle per quel che sono, capiremmo davvero una grandezza che ci renderebbe orgogliosi del nostro passato, forse un pò meno del nostro presente. Per aiutare il visitatore a capire, è opportuno conservare e riproporre un ambiente consono con quello per cui queste opere sono state concepite. Guai quindi a “musealizzare” troppo questo gioiello. Sì al renderlo vivo, magari celebrando una o due volte l’anno. Sarebbe molto bello lavorare per il restauro dell’organo e utilizzare la Chiesa per concerti estivi, che molto piacciono ai turisti.

Un plauso agli allestitori, e ai restauratori, così come a tutti coloro che si sono spesi per un risultato che è della città e del suo territorio. Qui dobbiamo anche poter leggere i legami del territorio con Volterra, così come la grandezza dei nostri “maggiori” che con una leggerezza, una “non ostentazzione” tipicamente volterrana, hanno saputo tenere testa ai grandi dell’arte mondiale. Un ultimo appunto: la realizzazione del Museo d’Arte Sacra non è un punto d’arrivo ma un punto di partenza. Spetta a noi renderlo non l’ennesima raccolta noiosa, ma un organismo vivo e appassionante, in grado di contagiare con quell’arma potente chiamata bellezza.