EMPOLI – Una delle tre inchieste sullo smaltimento di rifiuti Keu è stata chiusa poche settimane fa.
Per chi vive però nelle zone contaminate, non è cambiato molto rispetto a un anno fa, quando si mosse la magistratura. Tante rassicurazioni di rito, ma pochissime azioni concrete, come lamenta Samuela Marconcini, portavoce dell’assemblea permanente ‘No Keu’.
A che punto siamo con la bonifica dei terreni?
“Da quel che sappiano non è ancora partito il piano di ‘caratterizzazione’, che è quello che precede la bonifica. Al momento c’è solo quello che noi chiamiamo ‘il cappottino’. Quindi, un telo in pvc, utilizzato per coprire le sostanze tossiche ed evitare che l’acqua vada infiltrarsi in profondità. A dire il vero non sappiamo se l’eventuale bonifica consisterà nel trattamento chimico delle sostanze o nella rimozione completa, che comporterebbe un intervento capillare sulla strada (la variante della 429 tra Siena ed Empoli, ndr). Tracciato che è stato inaugurato nel 2019. Quest’ultima soluzione era stata prospettata dall’assessore regionale Monni, mentre il sindaco di Empoli sosteneva che non fosse necessario”.
Al di là dell’iter dell’inchiesta, dal vostro punto di vista cosa è cambiato?
“Poco, sinceramente. C’è poi il problema per 10 famiglie che non hanno l’allaccio diretto all’acquedotto e che si approvvigionavano dai pozzi. Ogni tre mesi Arpat fa le rilevazioni e fortunatamente al momento non è emerso niente di tossico”.
Dai rilievi fatti da Arpat, in generale, sarebbero stati esclusi rischi. Vi dà sicurezza?
“Ci è stato detto così più volte così. Poi però la stessa Arpat ha stretto con l’università di Pisa un accordo per valutare gli effetti del Keu sulla salute umana. Quindi, mi domando su quale base scientifica abbiamo dato queste valutazioni? Una settimana fa sono stati quindi messi dei piezometri, che servono a individuare dove è stata depositata questa sostanza”.
Se le aziende avevano dei risparmi a depositare il Keu in quella zona, adesso come fanno?
“Noi non sappiamo neppure se il consorzio che produce il Keu sia stato posto sequestro oppure no. Quindi, è difficile dire dove viene smaltito. C’è da dire anche che se venisse prodotto secondo tutti gli standard, potrebbe essere un materiale da riutilizzare. Evidentemente però non era così tutte le volte”.
La Regione cosa ha fatto per darvi rassicurazioni?
“Ben poco. Il presidente Giani ha invitato una studentessa che aveva scritto un tema sui tanti malato di cancro in Toscana. Poi c’è stata la provocazione di Giletti che ha portato una bottiglia d’acqua a Giani per fargliela bere. Infine, l’assessore Monni aveva ventilato la possibilità di rimuovere la strada. Ci risulta che siano state accelerate le pratiche di esproprio per far passare l’acquedotto che dovrebbe integrare anche le famiglie rimaste fuori. Noi però il progetto, a distanza di un anno, ancora non lo abbiamo visto. Per altro, le persone che abitano in zona, continuano a comprare le bottiglie d’acqua anche per lavarsi”.
Temete che l’affaire Keu possa essere la classica bolla di sapone?
“Abbiamo costituito un’assemblea permanente e non un comitato proprio per questo. Ci interessa sapere come siamo arrivati a questo punto. Il mimino sindacale è che facciano l’acquedotto e bonifichino il terreno. Ci interessa andare a fondo e capire se il distretto conciario è sostenibile dal punto di vista ambientale oppure no. Più che andiamo avanti, la sensazione è che non lo sia. Allo stesso tempo vanno tutelati i posti di lavoro. Queste due cose non possono essere in contraddizione. Ci sembra che l’interessa della politica sia di parlarne il meno possibile. Il nostro sforzo, al contrario, è di tenere viva l’attenzione”.