Non c’è cosa più concreta di una casa, al punto che ‘investire nel mattone’ è ritenuto uno dei modi migliori per impiegare denaro. Quei muri sono tangibili, circoscritti, ‘immobili’. Costituiscono, comunque, anche un’estetica, bella o brutta che sia. Dall’aspetto delle case dipende, in buona misura, l’immagine di una città, di un ordine sociale, di una concezione (addirittura di una ideologia) del vivere individuale e collettivo. Però l’oggetto-casa si arricchisce veramente di elementi immateriali al momento che diviene ‘abitazione’ e, in quanto tale, spazio ove le persone intendono identificarsi, personalizzare ideali, modi di essere (e di apparire). A prescindere da chi le abbia realmente edificate, vogliamo essere noi i costruttori delle mura entro cui viviamo; noi a tracciarne la soglia, ad erigere la porta che regola i flussi tra autoreclusione (una cattività per scelta) e il libero gioco delle relazioni sociali. Se pensiamo alla nostra infanzia ricorderemo senz’altro quando nei giochi con i coetanei poteva accadere di subire gravi torti e allora correvamo a casa, rifugio all’umiliazione subita, luogo per ritrovare fiducia in se stessi e per rielaborare i codici che ‘là fuori’, a prezzo di sfide e paura, ci rapportavano agli altri. C’è insomma una casa che è fatta di architetture interiori. Una dimora – scriveva Borges – è “un caldelabro / dove ardono in appartata fiamma le vite”.
Non fu estraneo al tema nemmeno un grande poeta italiano, Vittorio Sereni, molto attento a restituire ciò che potrebbe dirsi “poesia degli oggetti”. In un volumetto pubblicato postumo a cura di Pier Vincenzo Mengaldo (Edizioni Mup, 2005) sono raccolti, sotto il titolo di “La casa nella poesia”, tre scritti di Sereni che mirano a cogliere la ‘vita lirica’ della casa, esemplificando con citazioni tratte da Montale (magistrale nello svelare doppiezze e rinnovato senso delle cose), Mallarmé (sosteneva che gli oggetti non vanno nominati ma suggeriti), Sinisgalli (forse il più ‘oggettuale’ tra i poeti della sua generazione), Gozzano (con quale grazia e ironia seppe significare la poesia di cose un tempo ritenute eleganti e diventate goffe agli sguardi dell’oggi).
Qualora volessimo ripercorrere idea e mito dell’abitare non mancano certo utili narrazioni: dalla casa di Ulisse (l’eroe vi torna ‘irriconoscibile’) a quella zuccherosa di Hänsel e Gretel, materializzazione estrema della nostra fame (non necessariamente di solo cibo) e dei nostri voraci desideri. Casa dei sogni, appunto.