Simone Piccini, in arte “Wonderhang”, rimetterà piede ad Arezzo tra poche ore, nel tardo pomeriggio, dopo un viaggio di ben due anni «dentro al mondo», come ama definirlo lui. Circa 100mila i chilometri percorsi senza aerei attraverso cinque continenti e ben 27 Paesi. A 39 anni (ora ne ha 41), Simone ha lasciato un lavoro d’ufficio a tempo indeterminato e la sua casa in affitto, ha venduto l’auto e si è deciso a partire. «Vent’anni dietro una scrivania sono troppi per pensare di passarcene altri venti. Ho preferito ascoltarmi e dedicarmi a ciò che più mi rende felice, un viaggio intorno al mondo» racconta nel suo blog. Poche le cose materiali portate con sé, qualche vestito e un po’ di tecnologia, in primis la macchina fotografica per fissare ogni attimo, uno zaino da riempire lungo il viaggio e un hang (strumento musicale idiofono in metallo che viene suonato con il polso, il palmo e le dita delle mani).

Da Arezzo a Trieste, poi Capo d’Istria, Bratislava, Varsavia, il nord Europa fino a Mosca, per raggiungere Pechino attraversando Russia, Mongolia e Cina lungo la Transiberiana, poi Giappone, Sud Est asiatico e Australia (in bici fino a Sydney), per poi raggiungere il Sud-America, attraversare l’oceano in una nave cargo per arrivare in Nord-Africa, passando dal Marocco al deserto del Sahara, per tornare di nuovo in Italia attraverso la Spagna. Un budget di 25-30 euro al giorno, CouchSurfing  (un servizio di scambio d’ospitalità) per dormire e tanta voglia di conoscere nuove persone e nuovi paesi. Agenziaimpress.it ha raggiunto Piccini proprio durante la parte finale del suo viaggio.

Come nasce la parola “Wanderhang”?

«Questa parola nasce dapprima da wanderlust che significa “voglia di viaggiare”, ho poi tolto lust e aggiunto hang che è il nome dello strumento che mi sono portato dietro in questi due anni».

In quanto tempo hai preparato questo viaggio?

«In due mesi, il tempo di avere qualche visto e di fare le vaccinazioni, poi senza pianificare niente sono partito e mi sono lasciato guidare dagli eventi».

Quali Paesi hai visitato in questi 2 anni?

«Slovenia, Slovacchia, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Russia, Mongolia, Cina, Giappone, Vietnam, Cambogia, Laos, Thailandia, Malesia, Singapore, Australia, Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile, Argentina, Paraguay, Brasile, Marocco e Spagna».

Quali città ti hanno fatto battere di più il cuore?

«Pechino (Cina), Osaka (Giappone), Battambang (Cambogia) e Medellin (Colombia), entrambe per il volontariato fatto per i bambini, oltre a Sydney, quando ho terminato la traversata dell’Australia in bici».

Quelle che ricordi con meno entusiasmo?

«Tantissime di cui non ricordo neanche il nome, ma di nessuna ho un brutto ricordo, eccetto Kumning (Cina) dove mi accorsi di aver perso 5 mesi di foto e video per la rottura dell’hard-disk»

Dove hai dormito?

«Molto spesso in casa della gente con il couchsurfing, altrimenti in ostelli, in tenda in Australia, nelle navi cargo e tante notti in pullman, talvolta anche in stazione».

Con quali mezzi ti sei spostato?

«Ho usato bus, treni, bici, moto, navi e numerosi passaggi “scroccati” a qualsiasi tipo di auto, dalle utilitarie ai road-train australiani».

Quali le maggiori difficoltà del viaggio?

« Difficoltà tantissime. Stanchezza mentale e fisica, voglia di mollare tutto e tornare; difficoltà logistiche, per il fatto che non ho mai volato, ma il tutto poi si è trasformato in una grande soddisfazione».

Cosa ti è mancato di più di casa?

«Gli amici con i quali sono cresciuto insieme e la pizza della bottega dell’Orciolaia, il mio quartiere».

Cosa hai vissuto di inaspettato?

«Di inaspettato ho vissuto le esperienze di volontariato che sono nate strada facendo e che mi hanno profondamente cambiato. Ho scoperto che i rapporti umani sono la cosa che mi è rimasta più impressa di questo viaggio. Anche ciò che più mi ha coinvolto è stato lo scambio di esperienze con chiunque incrociasse la mia strada, ne ero totalmente affamato».

Cosa hai fatto per i bambini?

«In Cambogia per la Vigilia sono arrivato in un orfanotrofio vestito da Babbo Natale portando regali, poi sono rimasto 20 giorni a fare volontariato, aiutando i bambini con la scuola e le attività all’aperto. Ho poi attraversato l’Australia in bici e raccolto 1.500 euro per i bambini sudamericani. Un’esperienza incredibile, una soddisfazione che non si può descrivere. Quando un bambino ti abbraccia e ti sorride non esiste emozione più forte, il pensiero di regalare qualcosa a qualcuno che non potrà mai ripagarti è una delle esperienze più emozionanti che si possa vivere».

Raccontaci degli incontri che hai fatto

«Non si può parlare degli incontri: ho conosciuto un infinità di persone, alcune neanche le ricordo, mentre altre mi hanno marchiato a fuoco l’anima. Il mondo è molto più bello, gentile e disponibile di quello che ci vogliono far credere, indipendentemente dal colore della pelle e dalla religione».

Programmi per il futuro?

«Un libro in uscita, un viaggio in India e il ritorno in Colombia, dove vorrei aprire un ostello a Medellin. Il libro parla di un’esperienza lunga due anni, non vuole essere una guida di viaggio ma un insieme di momenti e sensazioni da ricordare con la spinta a ricercare la propria felicità».

Un tuo pensiero su questo viaggio

«La frase che ha caratterizzato di più i miei ultimi due anni è “sii sempre quel tipo di persona che vorresti incontrare”».