Le lettere private di Michelangelo Buonarroti «all’amico caro messer Giorgio» Vasari, provenienti dall’archivio del Museo casa dedicato in Arezzo al celebre architetto e autore delle ‘Vite’, sono le protagoniste di una mostra a Firenze in Palazzo Medici Riccardi (dal 12 maggio al 24 luglio) a cura di Elena Capretti e Sergio Risaliti. Il rapporto stretto, personale, tra i due grandi artisti, è testimoniato dal fitto carteggio esposto nell’ambito della rassegna, incentrato su un corpo di lettere autografe inviate tra il 1550 e il 1557 da Michelangelo al Vasari.
Nelle lettere racconti di vita e sonetti Nelle carte, l’anziano Buonarroti parla della nascita del nipote, affronta il trauma della morte dell’assistente Urbino, si vergogna degli errori commessi nel cantiere di San Pietro e si rammarica di non poter tornare a Firenze, come vorrebbero l’amico Vasari e lo stesso Cosimo I. Le lettere contengono anche tre sonetti, considerati il testamento spirituale dell’artista, tra i quali “Giunto è già il corso della vita mia”, del 19 settembre del 1554, in cui Michelangelo si propone come interprete di Dante e Petrarca, e traduce in versi una sorta di confessione: come artista e come uomo avverte di essere giunto quale “fragil barca” al “comune porto”, la morte. In mostra anche testimonianze scritte di altri tra i numerosi carteggi che Vasari intratteneva con personaggi di spicco del suo tempo: in particolare, lettere che si scambiava con uno dei suoi principali committenti, Cosimo I dei Medici. Il tesoro documentario, ora custodito nell’archivio Vasari di Arezzo, è stato ri-scoperto appena un secolo fa: a ritrovare il corpo di carte perdute del grande architetto, fu uno storico dell’arte, Giovanni Poggi. L’allora direttore del museo del Bargello le rinvenne nel 1908 nell’archivio Spinelli di Arezzo. Ora, a distanza di quasi 110 anni, per la prima volta sbarcano a Firenze.