«Non sono un diavolo, voglio essere sincero, anzi di più». Da padre della patria, fondatore del partito Ala, costola di Forza Italia, che sta sostenendo il governo guidato da Matteo Renzi nella sua opera riformatrice, ad imputato al processo per la gestione del quotidiano Il Giornale della Toscana. Denis Verdini ha raccontato in Tribunale a Firenze, la sua verità sulla gestione de Il Giornale della Toscana al processo che lo vede imputato per la gestione della cooperativa che editava la testata e per il crack del Credito Cooperativo fiorentino.
«Orgoglioso di aver aiutato a diventare giornalisti molti di coloro che scrivono oggi» Per Verdini, un’esperienza finita male, principalmente per le difficoltà del mercato e per gli alti costi da sostenere, nel tentativo, «di inserirsi nello spazio tra La Nazione e Repubblica». Ma, ha sottolineato Verdini, «sono orgoglioso di aver aiutato a diventare giornalisti molti di coloro che scrivono oggi, perché c’è bisogno di una certa trafila. Noi come Giornale della Toscana aiutammo 40 aspiranti giornalisti a diventarlo». Le cose iniziarono ad andare male, fino alla chiusura della testata nell’ottobre 2012, anche per la diminuzione dei fondi all’editoria. «Alessandro Fiesoli – ha detto ancora Verdini – era stanco di mettere soldi nel Giornale, si prese la briga di organizzare la cooperativa», quella Nuova editoriale che poi editò anche Metropoli «Il Giornale per vivere dal 1998 al 2001 aveva fatto spendere 10 milioni di euro. I soci erano stanchi di questa storia». Per Verdini, nell’esperienza de Il Giornale della Toscana ha scontato la sua «passione innata per l’editoria».
Verdini, Mussari e quel “Caro Beppe” Nessun accenno del leader di Ala alla sua attuale attività politica mentre Verdini ha parlato di Giuseppe Mussari, ex presidente di Mps. Una lettera di Denis Verdini quando era presidente del Credito Cooperativo Fiorentino, a Mussari per chiedere di finanziare il costruttore amico Riccardo Fusi, cosa che la banca di Campi Bisenzio non poteva sostenere, è stata mostrata dal Pm Luca Turco proprio all’imputato al processo sul crac del Ccf a Firenze. «Sì – ha detto Verdini- scrissi a Mussari, ma in precedenza la nostra direzione aveva scritto preventivamente a uffici Mps perché noi non potevamo tenere la partita di un finanziamento di altri 10 mln a Fusi su un’operazione globale da 150 mln con Mps, finalizzata da Fusi per andare in borsa». E al Pm che sottolineava il tono confidenziale della missiva, Verdini ha risposto: «Mussari lo conosco personalmente, quindi potevo ritenere di scrivergli ‘Caro Beppe’ in una lettera protocollata». Sull’intercessione per finanziare la Btp di Fusi, il senatore ha spiegato che «il sistema bancario pretende che si ristrutturi il gruppo» di costruzioni, e il «Credito cooperativo fiorentino è tra le banche che Bankitalia considera minuscole». «Fusi viene da noi in banca e mi dice ‘Mi servono altri 10 mln’ – ha raccontato Verdini- ‘Non si può fare, andiamo fuori’, gli risposi. Mentre per una banca come Mps è normale costruire un’operazione da 150 mln. E comunque nel sistema bancario nulla è oscuro. C’è una centrale rischi aggiornata costantemente, si vede tutto di ogni esposizione. Non si nasconde nulla».