Tensioni senza fine nelle prigioni toscane. Protagonista degli ultimi episodi di cronaca il carcere di Porto Azzurro nell’Isola d’Elba con un tentativo di suicidio sventato dalla polizia penitenziaria e un aggressione verso gli stessi agenti di istanza nella struttura detentiva elbana.
Cos’è accaduto Un detenuto ha tentato il suicidio nel tardo pomeriggio nel carcere di Porto Azzurro. L'uomo è stato salvato dagli agenti di polizia penitenziaria. L'episodio, reso noto dal sindacato Sappe, segue l'aggressione che tre poliziotti, poche ore prima, avevano subito da parte di un altro detenuto nello stesso penitenziario elbano. Il tentativo di suicidio sarebbe accaduto intorno alle 18,30. «E' ancora una volta solo grazie alla professionalità, al tempestivo intervento, alle capacità, all'umanità ed all'attenzione del personale di polizia penitenziaria che un detenuto è stato salvato – dichiara il segretario generale del Sappe Donato Capece – Un gesto particolarmente importante e da mettere in evidenza, tanto che il Sappe chiederà all' Amministrazione penitenziaria di Roma un'adeguata ricompensa (lode o encomio) al personale intervenuto per salvare la vita al detenuto». Gli agenti, osserva poi Capece, «pagano ancora una volta in prima persona le tensioni che si registrano nelle carceri: parliamo di una realtà caratterizzata da un pesante e costante sovraffollamento penitenziario, che aggrava le già pesanti condizioni di lavoro della polizia penitenziaria».
Alta tensione Secondo il sindacato nel solo 2010 la polizia penitenziaria ha sventato 1137 tentativi di suicidio e impedito che 5703 atti di autolesionismo potessero degenerare. Episodio che fanno da eco ad altri tre gravi episodi avvenuti solo nell’ultima settimana. A Firenze si continua ad indagare sul suicidio di un detenuto trentenne che si è tolto la vita impiccandosi nel bagno della sua cella. Il direttore del penitenziario, Oreste Cacurri, ha dichiarato «di non aver mai ricevuto segnalazione in merito ad episodi di nonnismo verso il suicida», prima ipotesi al vaglio di chi indaga sull’insano gesto. «Certo è – ha poi aggiunto Cacurri – che in carcere al momento ci sono tensioni notevoli, legate alle condizioni di sovraffollamento; un problema di cui i grandi penitenziari dei capoluoghi di regione, come Sollicciano, soffrono in particolar modo. Al momento nella struttura ci sono circa 1000 reclusi, a fronte di una capienza regolamentare di circa 400 detenuti. Situazioni del genere non favoriscono la vivibilità negli istituti – ha quindi ribadito – mi sembra però che adesso il governo abbia preso a cuore il problema del sovraffollamento e mi auguro che possa prendere presto misure per alleviare il problema».
Da Pisa: ricercato in tutta Italia Indagini e polemiche che proseguono anche a Pisa dopo la doppia evasione di lunedì dal reparto clinico del Don Bosco. Ai due detenuti è stato sufficiente rimuovere due grossi sassi dal muro per tentare la fuga. Uno di loro ce l'ha fatta e si è dileguato dopo avere scavalcato anche il muro di cinta della casa circondariale. L'altro Mourin Bougera, 27 anni, tunisino, si è invece fratturato il bacino ed è stato subito ripreso. Ricercato ovunque invece Francesco Zarraro, 40 anni campano, detenuto in attesa di giudizio per rapina. La squadra mobile pisana, che sull'evasione ha aperto un'inchiesta, ha già diramato la sua foto in tutta Italia, ma per ora la caccia all'uomo è rimasta senza esito. Dalle ricostruzioni che si susseguono in queste ore pare che il piano di fuga era stato preparato da tempo. L'infortunio del detenuto tunisino avrebbe poi costretto a cambiare programma e pianificare altre soluzione per sfuggire alla caccia all'uomo. Sono queste le poche certezze fin qui raccolte dagli investigatori. Le indagini della polizia avrebbero accertato che i due detenuti avevano pianificato da tempo la loro fuga, praticando nel corso di più giorni il buco nel muro del centro clinico, profondo circa 50 centimetri, dal quale sono passati per uscire all'esterno e scavalcare il muro di cinta della casa circondariale. Ieri invece, secondo quanto spiegato dall'amministrazione penitenziaria della Toscana, la prima ipotesi era che i due avessero ideato e messo in atto la fuga nel corso della stessa notte, senza un piano premeditato. Secondo quanto appreso, le grosse pietre rimosse dal muro sono tre e gli inquirenti ritengono assai improbabile che ciò possa essere stato fatto in poco tempo e senza farsi notare dalla sorveglianza. Le ricerche di Zazzaro sul territorio sono incessanti e non si esclude che l'uomo possa avere contato anche su qualche complice all'esterno.