Si al carcere se l’espulso ritorna nello Stato Ue violando un precedente divieto d’ingresso: lo ha stabilito la Corte di giustizia Europea, secondo cui la direttiva ‘rimpatri’ non impedisce ad uno Stato «di comminare una pena detentiva ad un cittadino di un Paese terzo che entri irregolarmente nel suo territorio trasgredendo un precedente divieto d’ingresso». La Corte si è pronunciata su richiesta del Tribunale di Firenze, per un caso di un cittadino albanese che, espulso dall’Italia con un divieto di ingresso per tre anni, vi ha poi fatto ritorno violando il divieto.
Il caso fiorentino e la sentenza Ue Il pubblico ministero ha quindi avviato un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Firenze nei suoi confronti, chiedendone la condanna a otto mesi di reclusione a norma della legislazione italiana che punisce con la pena della reclusione da uno a quattro anni il cittadino di un Paese terzo che entri irregolarmente in Italia trasgredendo un divieto d’ingresso. Il Tribunale ha quindi chiesto alla Corte di giustizia Ue se la direttiva ‘rimpatri’, che stabilisce le norme e le procedure per l’allontanamento di quanti sono in soggiorno irregolare, osti alla normativa italiana. Nella sua sentenza la Corte rileva che la direttiva «non osta, in linea di principio, ad una normativa che qualifichi come reato il nuovo ingresso illegale di un cittadino di un Paese terzo in violazione di un divieto di ingresso, prevedendo anche una pena detentiva».