Scaramelli-Renzi-Bettollini“Caro Stefano e caro Simone, nella prossima seduta del Consiglio regionale sarete chiamati ad esprimere il vostro voto su una risoluzione presentata dal vostro gruppo consiliare “in merito agli orientamenti del Consiglio regionale in materia di fusione di comuni e di riforma del sistema delle autonomie locali. La risoluzione contiene l’auspicio e l’impegno affinché il Consiglio voti leggi di fusioni di comuni anche nel caso in cui nei referendum nei singoli comuni abbiano prevalso i “no”.
Il nostro di auspicio è invece quello che vorrete sottrarvi dall’adottare un indirizzo così lesivo di volontà democratiche direttamente espresse dai cittadini, su un tema tanto dirimente come la sopravvivenza o meno del loro Comune”.

Il presidente della Provincia di Siena, Simone Bezzini, e il sindaco del Comune di Siena, Franco CeccuzziLe contraddizioni in seno al Pd Inizia così la lettera firmata da quattordici sindaci senesi indirizzata direttamente ai due consiglieri regionali espressione del territorio, Stefano Scaramelli e Simone Bezzini, entrambi del Partito democratico. La missiva, per larga parte è firmata da primi cittadini provenienti dallo stesso Pd ed altri eletti con liste civiche, ad indicare come il tema delle fusioni di Comuni e la recente proposta presentata dal gruppo Pd in Regione e che sarà discussa il prossimo 5 aprile sia trasversale e vada a creare contraddizioni proprio nel maggiore partito di governo, il Pd.

Le fusioni devono deciderle i cittadini “Le fusioni – si legge nella lettera – non devono essere obbligatorie, e l’unico quorum che le renda volontarie è quello della maggioranza favorevole dei votanti in ogni singolo Comune. Non è accettabile che cittadini di un Comune decidano per quelli di un altro. Contare i voti complessivamente espressi da tutti i Comuni interessati, come indicato nella risoluzione, non rende la fusione volontaria, e individuare il quorum dei due terzi non cambia la sostanza: se i cittadini di un comune votano in maggioranza “no” e quel comune viene comunque cancellato, quella fusione è sempre e comunque obbligatoria, imposta”. Il riferimento, sebbene non espressamente citato, è al caso della fusione tra Abetone e Cutigliano decisa dal Consiglio regionale, nonostante gli abitanti di Abetone si fossero espressi per il no. Proprio in difesa di quel risultato il prossimo 30 aprile nel piccolo comune montano è convocata un’assemblea di sindaci toscani. Lo scorso 12 marzo invece si erano riuniti a Volterra oltre cento sindaci per ribadire il loro no alle fusioni obbligatorie.

13 Orgoglio ComuneRicordate le vostre storie politiche e personali “Noi siamo contrari alle fusioni obbligatorie – continua il documento -, come non può che esserlo chiunque abbia a cuore il rispetto del voto popolare e la democrazia. Confidiamo dunque sul vostro voto contrario alla risoluzione, o su una vostra azione affinché venga ritirata o modificata, perché sono le vostre storie politiche personali di ex presidente di una provincia e di ex sindaco a darci fiducia. Storie che ci inducono a pensare che in coerenza con esse avrete il coraggio, e saprete assumervi la responsabilità, di fermare una deriva che non farebbe bene a nessuno, né ai cittadini, né alle istituzioni che sono chiamate a rappresentarli e rispettarli”.

La lettera pone in calce le firme di Piero Pii, Casole d’Elsa, Marcello Bonechi, Castellina in Chianti, Claudio Galletti, Castiglione d’Orcia, Eva Barbanera, Cetona, Andrea Marchetti, Chianciano Terme, Luciana Bartaletti, Chiusdino, Raffaella Senesi, Monteriggioni, Luigi Vagaggini, Piancastagnaio, Fabrizio Fè, Pienza, Francesco Fabbrizzi, Radicofani, Emiliano Bravi, Radicondoli, Paolo Morelli, San Casciano dei Bagni, Giacomo Bassi, San Gimignano, Roberto Machetti, Trequanda.

Un bel problema, dunque, per il Partito democratico a livello toscano e senese in particolare. Anche se si hanno notizie di iniziative simili in altre province. Una bella grana per i due consiglieri Scaramelli e Bezzini che devono ora dire da che parte stanno e se preferiscono la coerenza con il loro passato di amministratori locali o la fedeltà al loro partito di appartenenza.