Con l’arrivo della primavera rifioriscono i campi e la natura prende vita. I riti pagani e cristiani si trasformano in occasioni di festa. Nella notte tra il trenta aprile e il primo maggio torna il Cantar Maggio il saluto alla nuova stagione, un rito agreste di fertilità di origini antichissime. Fonti tardo-medievali (sec. X) riferiscono di una festa celtica di Beltane – maggio in celtico antico – che si svolgeva in area prevalentemente irlandese ed era dedicata al culto della rigenerazione. In un periodo dell’anno in cui vita e tepore rinnovati inducevano i defunti ad attingere ancora alle fonti dell’esistenza, i vivi con riti festosi ricacciavano i morti nel loro mondo. La caratteristica era quella della festa contadina in cui il maggio, la primavera, rappresentavano il primo ciclo delle stagioni in opposizione all’ultimo ciclo quello invernale, del buio e del freddo che simboleggiano la morte. Ghirlande di fiori e canti inneggianti alla vita e all’amore caratterizzavano queste feste. A partire da queste tradizioni, nella Firenze tra il XIII e il XV secolo, il Calendimaggio assunse così le sue caratteristiche definitive legate alla vita dei campi, allo scambio del majo (tronchetto fiorito) tra innamorati, ai tornei, ai canti e ai balli per le strade della città. Un ruolo fondamentale, durante il suo governo di Firenze (1469-1492), fu svolto proprio da Lorenzo il Magnifico che si adoperò per rendere il Calendimaggio una festa ricca di avvenimenti in cui si celebrava la tradizione, ma in cui largo spazio avevano le rappresentazioni, la poesia, i balli e i canti.

Da questo rito sono sopravvissute oggi due forme di usanze: il maggio lirico (o canto di questua o maggiolata) e il maggio drammatico o epico. Il più conosciuto e diffuso è il maggio lirico, ancora praticato in vaste aree della Toscana e non solo, anche se non più con lo stesso valore simbolico di una volta. I contenuti religiosi e cavallereschi degli altri maggi lasciano spazio così a quelli che nascono dal “basso” e trovano il loro compimento nella giocosa e ilare rappresentazione contadina del buon auspicio per l’arrivo della bella stagione.

In Maremma Maggio inoltre è il mese dei Maggerini, cantastorie maremmani che divertono il pubblico dei borghi improvvisando versi in ottava rima. Molto suggestiva la tradizione secolare che si ripete quando nelle campagne della Maremma girano gruppi di cantori con fisarmoniche e chitarre, che celebrano l’arrivo del maggio cantando alla primavera e all’amore. A Braccagni il primo maggio, come ogni anno, da tutta la Toscana giungono vari Maggerini nell’oliveto del campo della fiera, dando vita ad una originale rassegna di canti in ottava rima (di antica tradizione maremmana). Il tutto è corredato dalla tradizionale merenda a base di prodotti tipici maremmani.

A Siena Una tradizione particolarmente sentita in provincia di Siena a Castiglione d’Orcia e nelle campagne circostanti, ancora oggi viva e dal grande impatto emozionale e culturale. Un gruppo di cantori e suonatori (circa una ventina), gira per i borghi di Castiglione e Rocca d’Orcia e percorre la campagna visitando i poderi, ogni anno diversi, intonando quartine di ottonari che augurano il ritorno della buona stagione, di buoni raccolti e che cantano l’amore e il risveglio della natura. Ogni quartina è seguita da un brano musicale eseguito da una piccola fanfara di strumenti. In cambio i “maggiaioli” ricevono ospitalità, vino, cibi e offerte in denaro. Il “giro” si conclude ogni anno nel borgo di Castiglione d’Orcia: i maggiaioli percorrono le vie del paese sino al mattino. Le offerte in denaro che i cantori raccolgono durante la questua, effettuata nelle settimane successive, vengono utilizzate, in un secondo momento, per allestire un pranzo per i maggiaioli e i loro familiari ed una merenda aperta a tutta la popolazione.

In Mugello Di questa tradizione nel Mugello si hanno le prime testimonianze scritte alla fine dell’ottocento: i primi maggiaioli partivano a piedi la notte del 30 aprile e passavano da ogni casolare per cantar maggio, per cantare cioè un insieme di canti propiziatori primaverili; all’esibizione faceva seguito la questua ovvero la richiesta di un obolo che consistesse in uova, formaggio, prosciutto e qualsiasi cosa il “Capoccia” o la massaia fossero disposti ad offrire. Il gruppi di maggiaioli svolsero la loro attività fino alla fine degli anni ’50, quando iniziò il processo di spopolamento delle campagne; la tradizione però riprese vita una ventina di anni dopo, dapprima timidamente poi interessando un numero sempre più grande di persone e località, le contaminazioni aumentarono, furono stampati i testi. Oggi il Cantà Maggio a Barberino del Mugello è una storica manifestazione che da quasi trenta anni unisce tradizione, folklore e buona tavola. Un appuntamento immancabile per i barberinesi con il clou dal 4 al 7 maggio che anima per un mese intero con il Palio dei Rioni che unisce il divertimento giovanile con il profondo significato folkloristico e di campanile che il “Maggio” rappresenta.

 

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