Questo dopo-Natale senese, preludio al passaggio d’anno, è caratterizzato dalla solita città “bifronte”, e dalle storie di tre uomini “in barca”, cioè alle prese con momenti di traversata difficile nei mari senesi. Quelle fasi in cui le decisioni prese producono onde lunghe e non sono di corta gittata. Diciamo subito che i tre uomini in barca (per non parlar del cane, come da titolo del famoso romanzo di Jerome Klapka) sono Antonio Calbi, direttore del Teatro di Roma fresco di nomina a Direttore del Santa Maria della Scala; Eugenio Neri, fresco di dimissioni dal consiglio comunale; Bruno Valentini fresco di ricompattamento della propria maggioranza dopo l’indagine aperta su di lui e altre otto persone per i presunti reati di truffa aggravata, falso in atto pubblico e abuso d’ufficio ai tempi di Monteriggioni. Di loro ci occuperemo in questo post. Il cane, a cui alludiamo è quello – o quelli – che ha trafugato l’albero di Natale fatto dai bambini della Tartuca. Un altro dei segnali – come il Presepe della Cappella devastato o le scritte sui muri o le condizioni choc di Pantaneto dopo le notti di movida – di quel degrado morale che si sta insinuando in una città dai due volti. Uno è appunto questo, del vandalismo becero e stupido che avanza; l’altro è quello luminoso della folla che ha caratterzzato l’apertura della mostra nei Magazzini del Sale curata dagli Estrosi; oppure quello bellissimo del volontariato delle Contrade o di quelle associazioni come Noi, che riescono a far aprire il pronto soccorso pediatrico. Città bifronte, in fondo, vuol dire anche guardare la bottiglia mezza piena: il virus degli imbecilli avanza, ma nulla è ancora del tutto perduto, e si può ancora salvare la nostra civiltà, la nostra cultura, la nostra identità.
Veniamo ai “tre uomini in barca”.
Allo scoccare della metà mandato, il Natale senese è passato con i due contendenti alla fascia tricolore del 2013, Bruno Valentini e Eugenio Neri, alle prese con i passaggi politicamente più delicati dal giorno del ballottaggio. Valentini indagato, appare comunque “incollato” alla fascia tricolore. Incassa la solidarietà delle forze di maggioranza, pronte a inaugurare anche una nuova stagione a Siena nei rapporti con la magistratura: non contano più gli approdi, seppure futuri, delle inchieste giudiziarie, ma bastano le “spiegazioni” del sindaco indagato, o i suoi “chiarimenti” post interrogatorio (che è durato due ore).
Che l’avviso al Sindaco scorra liscio come l’acqua fresca, ben oltre il garantismo dovuto, non è andato giù al leader dell’opposizione e ne determina il saluto alla compagnia e le dimissioni dal Consiglio Comunale. Eugenio Neri mantiene così ciò che aveva promesso alla stampa il 19 dicembre: «Se il sindaco non si dimette mi dimetto io»: «L’immagine e la dignità di Siena, nella persona del suo primo cittadino, sono infangate da tristi e imbarazzanti vicende giudiziarie» spiega Neri nella lettera (leggi) di dimissioni inviata al presidente del Consiglio comunale, specificando che sul sindaco «gravano pesantissimi sospetti di illeciti amministrativi».
Il gesto di Neri, nelle città normali, avrebbe innescato un dibattito intenso, anche perchè non si può non riconoscere nella scelta, una dignitosa protesta verso meccanismi della politica che passano sopra a tutto e tutti. Il fine corsa di un senese che, dopo aver fatto scelte coraggiose da cittadino ai tempi dello scambio di tubi all’ospedale, aveva coraggiosamente trasferito il proprio senso civico e l’attaccamento alla città, in impegno politico. Con successo, visto che è stato il primo a contendere davvero il primato elettorale alla sinistra, rappresentando in Consiglio Comunale 11.146 senesi, il 48% dei voti espressi al ballottaggio del 2013. E invece anche il passo indietro (che potrebbe preludere però a due passi avanti nel futuro) del medico prestato alla politica, non suscita approfondimenti, salvo qualche commento faisbucchiano e una bella riflessione di Francesco Ricci. Per il resto, silenzio. Compreso il sindaco, che pure dovrebbe avere un po’ di attenzione anche verso quel 48% che non l’ha votato e che Neri rappresentava.
Valentini delinea sul Corriere di Siena il suo bilancio postivo di metà mandato (leggi), puntando su: «Protezione sociale, qualità dei sistemi educativi e asili nido il principale risultato raggiunto». E riporta anche il – 28%, da 103 a 74 milioni del debito comunale.
Questo diario di buona amministrazione pre-natalizio del Sindaco, è un messaggio chiaro per tutti coloro che fantasticano ancora sulla possibilità di dimissioni del Sindaco, magari in seguito a un presunto rinvio a giudizio in arrivo. Il Pd non può permettersi un altro Commissario. E le lungaggini della giustizia italiana, inducono a essere certi che non ci saranno eventuali condanne definitive per Valentini, prima della natuale scadenza del mandato, tra due anni e mezzo. Gli atti in corso non hanno indotto il Sindaco ad andar via. Altri che possano aggiungersi in futuro non cambieranno le cose. Così vuole il Pd, che considera quella dell’attuale sindaco, una necessaria fase di passaggio, ma indispensabile ad evitare un Commissario bis. E anzi, fa capolino anche un’ipotesi di mandato bis: un Pd senese dilaniato dalla battaglia congresuale del 2017, andrebbe a primarie fin troppo tumultuose nell’imminenza del voto. Primarie che potrebbero essere evitate semplicemente con la chance a Valentini di correre per il secondo mandato.
Ma sarà del resto curioso anche vedere quali saranno gli sviluppi delle dimissioni di Eugenio Neri. L’uscita di scena dalla attuale situazione politica potrebbe non essere automaticamente un addio alla competizione futura. Neri potrebbe dedicarsi al sogno di compattare una sorta di unione popolare civica, in grado di lottare per andare al ballottaggio. Non poteva farlo seduto al cosiddetto tavolo delle opposizioni, dove c’erano anche partiti come la Lega, Fratelli d’Italia e la ricostruenda Forza Italia, perchè l’evoluzione della politica a livello nazionale con l’alleanza tra i tre partiti in via di ridefinizione, e i risultati delle regionali, rendono più che probabile una caratterizzazione delle forze moderate di centrodestra, come tali, non più diluite in liste civiche di occasione.
Il ragionamento, che fanno un po’ tutte le forze di opposizione, è semplicisticamente questo: si dà per scontato che il candidato Pd più i soliti alleati pronti alla bisogna, al ballottaggio ci andrà con un risultato inferiore al 39% del primo turno del 2013. Nessuno vuole ammettere che se regge lo stellone di Renzi e se qualche scossone interno lo Scaramelli lo azzecca, il risultato non sarà poi così lontano da quello di due anni e mezzo fa. Ma ognuno delle opposizioni conta in uno sfacelo del Pd e aggiunge, invece, ovviamente un esaltante risultato personale. Il pensiero dominante, ognuno per conto suo, nelle tante facce dell’opposizione senese, è sostanzialmente questo: se Neri al ballottaggio c’è andato con il 23,37%, cioè circa 6800 voti, vuoi che non si riesca noi, stavolta, ad arrivare intorno al 25%, recuperando anche un po’ dell’astensionismo.
Il problema è che questo lo pensano tutti, per se stessi: i partiti del centrodestra; il Movimento Cinque Stelle; lo pensa, forse, Eugenio Neri. E probabilmente anche qualche altro. Ora siccome, nel mazzo, bisognerà pure metterci la Sinistra che con il Pd non ci andrà, con la somma di tutte le aspirazioni e del voto presunto del Pd, si va ben oltre il 100%.
I conti non tornano. Ma ognuno dei cartelli dell’opposizione, ha in testa di andare al ballottaggio con il Pd, con il proprio “sicuro” 25%, potendo poi usufruire al ballottaggio del consenso degli altri “contras” sconfitti al primo turno. E il sogno di mandare il Pd via da Palazzo Pubblico, sta innescando fenomeni perniciosi. Tutti hanno l’acquolina in bocca e aumenta quindi il tasso di aggressività dentro lo schieramento delle opposizioni, per avere più visibilità degli altri e il consenso conseguente. I continui scontri Lega-Cinque Stelle sono in questo senso una chiara rappresentazione. Ci chiediamo come l’elettorato dell’uno possa, al ballottaggio, convergere sull’altro, se continua questo livello di reciproca aggressività.
Del resto è quello su cui conta il Pd. Debole come non mai, superato come partito, anche dalle solite trame elitarie – di cui le scelte nella cultura rappresentano la più evidente cartina di tornasole – che si stanno tessendo alle spalle del Masi e anche dello Scaramelli, il Pd ha nella assoluta non credibilità di coesione delle forze di opposizione, la carta da giocarsi quando al voto ci si andrà per davvero.
La città, del resto, pare sempre più distratta da se stessa. Perchè al di là delle classifiche, è assolutamente vero che mediamente la nostra qualità della vita continua ad essere ai vertici del nostro Paese. E allora perché, in fondo, riflettere tanto sul nostro presente in crisi? O sul fatto, per esempio, che l’attuale Direttore del Teatro di Roma, Antonio Calbi, scelto come Direttore del Santa Maria della Scala, possa rimanere ancora a Roma e svolgere contemporaneamente anche l’incarico senese? Sulla vicenda ha scritto Anna Bandettini su Repubblica.it: «Sembra infatti che Calbi resterà a Roma (sicuramente per un anno) potendo tenere entrambe le cariche. Primo, perchè non sono incompatibili. Secondo, perchè il Museo Santa Maria della Scala è attualmente in restauro quindi richiede un impegno non gravoso, ma semmai progettuale e a largo raggio. Terzo, Calbi direttore del Teatro di Roma intenderebbe portare a termine la stagione in corso e progettare la prossima proprio per non compromettere l’attività del teatro. Sarà a quel punto che probabilmente valutando anche le condizioni che si saranno create allora, se per esempio sarà ripristinato il finanziamento al teatro tagliato questa stagione, la scelta si indirizzera verso una delle due istituzioni».
Quel che è certo che Calbi un giro al Santa Maria della Scala se lo è fatto prima di Natale ed è altrettanto certo che dopo essere stato designato, tutte le fasi burocratiche e contrattuali devono ancora compiersi. La sensazione è che almeno a fine stagione del Teatro di Roma, che è Teatro Nazionale, Calbi resti nella sua carica attuale, aggiungendo il Santa Maria della Scala alle sue priorità. Fino al termine del mandato del sindaco, a cui questo incarico è legato. Se l’interrogazione di Ernesto Campanini verrà ritenuta urgente, qualcosa di più su Calbi potremmo saperlo nell’imminente Consiglio Comunale. Scrive Campanini: «Forse qualcuno non ha spiegato al Direttore Calbi che il complesso del Santa Maria della Scala si trova in una fase delicatissima e necessita urgentemente di una direzione culturale autorevole per assumere decisioni fondamentali per il futuro, e che non può essere considerato come un impegno “non gravoso. Ricordo anche che il bando prevede la nomina di un dirigente di primo livello del Comune di Siena, che come tale non può lavorare a mezzo servizio al Santa Maria della Scala, almeno che non si consideri il complesso museale come l’ennesimo scatolone per eventi , a quel punto il Dott Calbi potrebbe benissimo prendersela con calma nella sua ardua scelta tra il Teatro di Roma e il SMS, basterà infatti “piazzarci” due o tre mostre ad effetto per la gioia di Civita o Coopculture, sarà sempre meglio della zumba…o no?». Beh, però dai, a Capodanno la zumba andrà parecchio. E bisogna essere allegri, anzi felici, sorridere all’anno che viene, e volersi bene. Anche se ci torna in mente la scena del Capodanno di Fantozzi, quando sulla sua Bianchina si abbatte, inesorabile, una cucina che piomba dall’alto e la distrugge, in mezzo al fumo dei petardi che scoppiano nell’ultima, becera, notte dell’anno.