Non c’è cosa più semplice e più a buon mercato, nello sport, che fare i complimenti a chi ha perso. Succede anche nel calcio amatoriale. Prendi una scoppola da levarti il fiato ma trovi sempre, immancabile, il dirigente avversario che a fine partita ti consola negli spogliatoi: «Beh… insomma…Però siete una bella squadra». Ma Brasile Colombia, che è stata un’altra partita bellissima di questo scintillante Mondiale (per emozioni, sicuramente) ha visto quell’epilogo così tenero e struggente che mi ha toccato. C’era James Rodriguez che piangeva come un vitellino. Sembrava inconsolabile e le sue lacrime da ventenne hanno fatto il giro del pianeta, scuotendo un po’ tutti. A un certo punto si sono avvicinati David Luiz e Dani Alves che lo hanno abbracciato e lo hanno consolato: «Sei un campione, ragazzo. E da stasera lo sa tutto il mondo», pare gli abbiano detto. Poi lo hanno portato al centro del campo e lo hanno indicato a tutto lo stadio colorato di verde-oro: «Applaudite questo fenomeno. Che stasera vince anche lui». Ora, siamo d’accordo che non c’è niente di più penoso che la carità quando non ti costa niente. Ma quel gesto mi è sembrato bello e autentico, ed è stato l’epilogo degno ad una serata spettacolare. Perché l’onore delle armi all’avversario meritevole e valoroso è sempre un’emozione speciale. E’ cavalleria allo stato puro, è il riconoscersi uomini (e campioni) al di là della vittoria e della sconfitta. E’ il football come lo vorremmo sempre vedere. Posso dire, passando per il sempliciotto di campagna, che è una delle immagini sportive più poderose degli ultimi dieci anni? E che scene del genere ti fanno capire come il football rimanga un sogno allo stato puro. E, soprattutto, che non ci sono ultras, accoltellamenti e guerriglie che possano insozzarlo.
Home L'Opinione