SIENA – Strade diverse, con un obiettivo comune: mettere a terra il progetto del Biotecnopolo di Siena. L’operazione interministeriale che sta scivolando sempre più nelle retrovie.
Da qui l’appello congiunto del sindaco Nicoletta Fabio e del rettore Roberto Di Pietra, gli allarmi dell’assessore Simone Bezzini e dell’ex ministro Roberto Speranza e la richiesta di ospitare il cda da parte delle opposizioni in un Consiglio comunale straordinario.
Conseguenza dello stallo che da mesi permane attorno a questa progettualità. Dopo un inizio promettente, su insistenza dell’allora deputato Enrico Letta (Pd), l’unico segno tangibile è stato un giro di poltrone. La governance insediata sotto il governo Draghi non ha retto all’avanzata di Giorgia Meloni. “Abbiamo cambiato il consiglio d’amministrazione, non per decomunistizzare la Fondazione, ma perché non è stato corretto vedere il precedente Governo fare le nomine pochi giorni prima del voto”, fa sapere il deputato di FdI Francesco Michelotti. Via quindi il presidente Silvio Aime, dentro Marco Montorsi. Si salva Giorgio Parisi, perché la vittoria del Nobel lo rendeva intoccabile. Più dei nomi però contano le risorse stanziate: 340 milioni, propedeutiche a realizzare anche il Centro antipandemico nazionale, il nucleo autentico dell’investimento.
Siena arriva a fare (di nuovo) invidia a mezza Italia, ma a propria difesa, può vantare una figura unica nel panorama nazionale, Rino Rappuoli, appena uscito da Gsk. Lo scienziato nonostante il cambio a Palazzo Chigi rimane al proprio posto, pronto a trainare la struttura. Per dare vigore alla spinta del territorio, che annovera comunque il quinto socio fondatore, la Fondazione Tls (gli altri quattro sono ministeri), la nomina nel cda di Annalisa Santucci dell’Università di Siena. Il ministro Orazio Schillaci, in visita in città durante la campagna elettorale, sottolinea questo passaggio e assicura che la prima tranche delle risorse (oltre 110 milioni) è arrivata a destinazione. A chiudere il cerchio la laurea ad honorem ad Anthony Fauci, che tramite l’intercessione di Rappuoli, ha accettato di svolgere il ruolo di consulente esterno.
Mancano ancora spazi, personale e il resto dei fondi, ma per vedere in azione il Biotecnopolo è questione di settimane. Che però diventano mesi, e complice l’uscita dai radar governativi dell’emergenza pandemica, sostituita da altre impellenze, la macchina si arresta. Silenzio che pian piano si sta trasformando in timore. Di non avere le risorse promesse e soprattutto di vedersi sfilare dalle mani questa creatura.
Non è un caso che il sindaco Fabio (della stessa corrente politica del governo) abbia provato a smuovere le acque. Per altro il Comune, già con l’ex sindaco Luigi De Mossi, aveva manifestato l’intenzione di diventare socio fondatore: richiesta che è rimasta per ora ferma al punto zero.
Nel frattempo l’assessore Bezzini, che in Consiglio regionale aveva denunciato lo stallo, ha incontrato il presidente Montorsi per avere chiarimenti. Non sarebbero arrivate particolari rassicurazioni se non l’impegno a monitorare la situazione. D’altronde, sopra la sua testa c’è una partita più grande. Quella di quattro ministeri: Università, Salute, Imprese e made in Italy, Economia. Quattro menti pensanti e di riferimento a partiti diversi. Il cortocircuito è servito.