Una donna al mese uccisa nel 2014 in Toscana. E’ l’allarmante fotografia del settimo Rapporto presentato oggi a Firenze nell’auditorium di Sant’Apollonia alla vigilia della Giornata mondiale contro la violenza alle donne che ricorre domani, mercoledì 25 novembre.
Natura domestica degli omicidi Il 2014 ha segnato un calo d’attenzione, soprattutto da parte dei media, nei confronti dei “femicidi” (omicidio di donne). A una ridotta attenzione nei confronti di questo tema ha corrisposto un aumento delle donne uccise in Toscana nel 2014, arrivate a 12 (praticamente una al mese), dato in crescita rispetto al triennio precedente. Dal 2006 al 2014, in regione, il numero di vittime di femicidio è arrivato a 77, ovvero una ogni 46 giorni: in tutti i casi in cui l’autore è stato individuato viene evidenziata la natura “domestica” di questi omicidi, avvenuti per mano di una persona che la donna conosceva: un partner, un ex, un pretendente respinto, un cliente, un figlio.
Il baluardo dei Centri antiviolenza I dati delle 28 strutture, tra Centri antiviolenza e Centri/sportelli d’ascolto sulla violenza di genere, hanno confermato i risultati degli scorsi anni: seppur con alcune difficoltà legate alla chiusura di alcuni sportelli territoriali, i Centri si confermano punto di forza della rete contro la violenza accogliendo ogni anno oltre 2.500 nuove utenti (2.597 negli ultimi dodici mesi). Dall’1 luglio 2009 al 30 giugno 2015 il numero totale di donne accolte è pari a 13.461. Donne di ogni classe di età, estrazione sociale e livello culturale (ci sono laureate e donne con al più la licenza media; casalinghe, operaie, impiegate o libere professioniste) per il 70% circa italiane, che si rivolgono ai Centri in cerca di informazioni e sostegno (ascolto, assistenza psicologica, consulenza legale, ma anche richiesta di protezione), per uscire soprattutto da situazioni di maltrattamento domestico.
La violenza più diffusa è quella psicologica La violenza rilevata più frequentemente dai Centri è quella psicologica (81,8%), seguita da quella fisica (63,5%). Le donne straniere sono, in proporzione, più spesso oggetto di violenza fisica ed economica, mentre il mobbing e lo stalking sono diffuse soprattutto tra le italiane. E’ il partner (61%) il principale artefice della violenza, in modo particolare per le donne straniere (74,4%); solo nell’1,5% dei casi l’aggressore è uno sconosciuto. A tale proposito è da rilevare che la propensione alla denuncia (ha sporto denuncia poco più di una donna su quattro) è inversamente proporzionale alla “vicinanza” in termini di legame intimo-affettivo tra vittima e aggressore, variabile che condiziona l’atteggiamento delle donne ancor più della gravità fisica dell’atto.
918 le donne seguite per abuso e maltrattamenti Le informazioni fornite dai Consultori e dai Codici Rosa differiscono per un aspetto non secondario: mentre i primi permettono di arrivare al livello di singola utente − nell’anno 2014 sono state 918 le donne seguite dai consultori per abuso e maltrattamento, di cui 121 ragazze con meno di 18 anni – l’attuale rilevazione regionale dei dati del Codice Rosa restituisce le informazioni solo per accesso. Manca quindi il dato relativo al numero di donne che si sono rivolte al servizio e restano aperti gli interrogativi sull’effettiva entità dell’utenza (quanti, ad esempio, tra i 2.257 accessi registrati dal 1° luglio 2014 al 30 giugno 2015 sono utenti uniche). Lavorare per poter arrivare al dato sulle singole utenti, individuando ad esempio le caratteristiche di quelle che hanno effettuato visite ripetute, potrebbe aiutare a capire ancora meglio il funzionamento di un servizio così importante, che ha reso la Regione Toscana esempio e prototipo per i servizi sanitari degli altri territori.
Recupero uomini violenti Il Rapporto ha inoltre approfondito il lavoro svolto dai 4 centri che, in Toscana, si occupano di interventi di recupero degli uomini violenti, oltre a svolgere attività di sensibilizzazione rispetto al superamento degli stereotipi di genere. In Toscana, nel 2014, sono stati 88 gli uomini che hanno intrapreso un percorso rivolto al cambiamento dei propri comportamenti violenti; nei primi sei mesi del 2015 tale numero è arrivato a 61, mostrando quindi una crescita di attenzione nei confronti di questi percorsi, cui gli uomini accedono in maniera volontaria o su spinta di altri soggetti, ad esempio la propria partner, lo psicologo, l’avvocato o uno degli attori della rete antiviolenza. Grazie al lavoro svolto dall’Osservatorio per questo Rapporto, in collaborazione con i 4 centri toscani che lavorano con gli uomini violenti, si è inoltre arrivati alla condivisione di una scheda unica di rilevazione, in grado di rilevare le informazioni sia per il primo accesso sia per la presa in carico. In questo modo, fin dal prossimo Rapporto verrà aggiunto un altro fondamentale tassello al sistema di raccolta dei dati sul fenomeno della violenza di genere in Toscana.
L’assessore Saccardi: «Il Piano antiviolenza troverà una Regione pronta a rispondere alle sfide» «Il rapporto sulla violenza di genere è uno strumento fondamentale, con la sua ricchezza di informazioni, per fare sempre più luce su un fenomeno assolutamente trasversale a ceto, cultura, classe di età delle donne – ha dichiarato l’assessore a diritto alla salute, sociale e sport Stefania Saccardi – che altrimenti rischierebbe in buona parte di rimanere sotto traccia, e per agire sul fronte delle politiche di contrasto alla violenza di genere. L’Osservatorio sta realizzando – aggiunge l’assessore al sociale – un complesso lavoro di monitoraggio e approfondimento, che cerca di coprire e completare l’orizzonte delle tematiche connesse alla violenza di genere, in linea con quanto sostenuto dalla Convenzione di Istanbul e ribadito nel Piano d’azione straordinario contro la violenza di genere. La messa in atto del Piano troverà una Regione pronta a rispondere alle sfide in esso contenute. Siamo convinti che sia importante studiare non solo i dati relativi alla dimensione del fenomeno, ma anche quelli inerenti alla risposta del sistema alla violenza sulle donne, intesa non come un problema di sicurezza, ma come evento che attiene ai modelli del rapporto tra i generi, tra le persone, che interessa strutturalmente i modelli sociali e culturali dei territori e che costa in termini di benessere collettivo, sociale ed economico».