Pagare una società per non essere costretti a interrompere il percorso del figlio nel mondo dello sport. E’ il caso di un 14enne giocatore di basket che ha fatto molto rumore a Firenze. 2500 euro per ottenere il cartellino e quindi la libertà di scegliere dove giocare a pallacanestro: a tanto avrebbe ammontato la spesa (assolutamente non prevista nei regolamenti sportivi della Fip) che la famiglia del giovane si sarebbe dovuta accollare per ottenere lo svincolo. Una richiesta, quella arrivata direttamente dalla società, che ha portato il padre a dire basta. Nasce così da una parte la denuncia in Procura e dall’altra l’esposto alla Federazione Italiana Pallacanestro, il cui organo di giustizia competente è la Procura Federale.
Petrini (Fip): «Contro la natura dello sport» «L’atteggiamento che c’è stato in questo caso va contro la natura dello sport – dice Marco Petrini, consigliere federale della Fip ed ex presidente del Comitato regionale Toscana – Le società devono promuovere l’attività sportiva, non seccarla. È primario assecondare i giovani e la loro voglia di divertirsi facendo sport. Quando un ragazzo vuole andare via, una società si dovrebbe sempre interrogare sul problema e capire dove ha sbagliato». Ma come funziona la disciplina del tesseramento sportivo e nel caso specifico del basket giovanile? Completato il percorso di minibasket, all’età di 13 anni si inizia a fare sul serio. Il ragazzo insieme alla famiglia firma un vincolo che termina dopo otto anni. L’unica finestra di uscita dal tesseramento è presente dopo il primo anno di giovanili, a 14 anni, quando un’altra società affiliata alla Fip può versare alla stessa Federazione un parametro stabilito e ottenere il tesseramento dell’atleta senza nullaosta. Dopo la conclusione di questa finestra, il giovane rimane vincolato alla società di appartenenza fino all’età di 20 anni, quando avviene lo svincolo (a fine giugno si sono svincolati i classe 1999). Da quel momento in poi per tesserare un giocatore in una società deve versare un contributo Nas (che varai in base alla categoria) alla Fip. Fino a qui i regolamenti, l’aspetto tecnico-burocratico. Se si considera però l’aspetto principale della questione, ovvero quello della pratica sportiva in cui tutti i giovani dovrebbero essere coinvolti, le considerazioni da fare sono altre. Ogni società infatti dovrebbe avere un comportamento che promuove la pratica sportiva e il divertimento dei giovani. Il caso di Firenze non è naturalmente l’unico riscontrato nel mondo del basket italiano.
I precedenti non mancano Uno di questi è datato 2015 e si verificò a Empoli, coinvolgendo una società del posto che aveva subordinato la cessione dei diritti sportivi ad altra società di un atleta minorenne a fronte di un pagamento, da parte dei genitori del ragazzo, di una somma di cinquemila euro. In quel caso il presidente della società che aveva incassato il corrispettivo per la cessione del cartellino, una volta emersa l’operazione fu inibito per quattro mesi.