Vollero stupire con effetti speciali, e a loro modo ci riuscirono artisti e architetti del Seicento, impegnati a realizzare opere grondanti estro e fantasia. Chissà, ad esempio, nelle cattolicissime Italia e Spagna quanti oooh di meraviglia avranno suscitato certe chiese barocche, tanto scenografiche da far disperdere in quelle volute qualsiasi spiffero di riforma protestante.
Ma il Seicento significò anche progresso, rivoluzione copernicana, consapevolezza che l’uomo è un essere limitato, precario. L’universo apparirà assai meno antropocentrico rispetto a come il Rinascimento se l’era raffigurato. L’artista barocco sarà persona inquieta, percorsa dal dubbio; e di fronte alla complessità della realtà non potrà che rappresentarla attraverso simboli. Così fu nelle diverse manifestazioni artistiche dell’epoca che, infatti, privilegiarono l’allegoria, meglio adatta ad accennare, far intuire quanto, diversamente, sarebbe stato difficile spiegare.
Accadde ciò anche nella letteratura, pur considerando che in Italia la produzione fu piuttosto modesta e non certo all’altezza dei capolavori che si ebbero nelle arti figurative. A fronte di scarsi contenuti fu la forma a sbizzarrirsi in elaborazioni, sottigliezze, metafore ardite. E come ebbe a scrivere Francesco De Sanctis, “il re del secolo, il gran maestro della parola, fu il cavalier Marino, onorato, festeggiato, pensionato, tenuto principe de’ poeti antichi e moderni, e non da plebe, ma da’ più chiari uomini di quel tempo”. Sarà proprio a Giovan Battista Marino che si deve lo stile chiamato non a caso ‘marinismo’, tutto sottigliezze formali e stravaganze, poiché per ammissione dello stesso cavalier Giovan Battista “è del poeta il fin la meraviglia… / chi non sa far stupir vada alla striglia”, vada, cioè, a fare l’asino. Andò un po’ meglio per la prosa, maggiormente attenta all’attualità e alle vicende umane. Si diffuse, appunto, il romanzo in prosa che se non altro seppe fare riferimento a luoghi e situazioni riconoscibili nella contemporaneità. Tra queste opere la Historia del cavalier perduto (1634) di Pace Pasini, alla cui trama, a detta del critico Giovanni Getto, avrebbe attinto il Manzoni per i suoi Promessi sposi.
Nei secoli successivi sarebbe stata impresa ardua liberare il termine ‘barocco’ da un significato prevalentemente spregiativo. Del resto fu esso una categoria ideale, una visione della realtà. Fu “lo stile delle forme che volano” – affermò Eugenio d’Ors – a differenza del classicismo dove, invece, le forme “posano” soltanto.