Esternalizzazione per 1110 lavoratori di tutti i Poli del Consorzio Operativo del Gruppo (verso dove?), smantellamento dell’impianto concertativo del Contratto Integrativo Aziendale, azzeramento delle integrazioni economiche aziendali in maturazione dal prossimo 1 gennaio, attivazione del Fondo Esuberi. Quattro mosse per il recupero di fondi sul costo del lavoro più o meno in linea con il Piano Industriale 2012-2015. Ad averle presentate sul tavolo delle trattative, questa mattina, dopo mesi di tira e molla, incomprensioni, aperture e chiusure da una parte e dall’altra (leggi), la responsabile delle risorse umane di Banca Monte dei Paschi di Siena Ilaria Dalla Riva. Tutto questo per giungere quanto prima alla firma di un accordo quadro tra le parti perché il tempo stringe mentre tra Camera e Senato si discute sui Monti Bond salvaMps (leggi) con una fitta rete di rapporti e dialoghi tra Siena e Roma passando, però, anche da Bruxelles. Proprio come ha confermato il ministro dell'Economia Vittorio Grilli: «Sui Monti Bond spero nei prossimi giorni di arrivare a una conclusione positiva. Stiamo parlando sia con la Commissione Europea che con il Monte dei Paschi» spiegando poi che «la commissione sta osservando e ha fatto commenti sul nostro approccio». 

La valutazione "spazzatura" di Standard & Poor's Tutto questo poco prima della sentenza di Standard & Poor's che abbassa il ratting di Mps a BB+/B, con outlook negativo. «A nostro avviso, a causa delle tendenze di degrado della posizione finanziaria, è improbabile che la banca torni alla redditività e migliori il suo capitale in linea con le nostre aspettative precedenti» scrive S&P. «Crediamo anche che il difficile contesto economico e operativo sul mercato italiano aggravino le sfide per Mps di attuare con successo il proprio business plan e mitigare l'impatto negativo sul profilo finanziario di alcuni rischi derivanti da decisioni passate». L'agenzia di rating si attende tra l'altro che la redditivita' operativa della banca possa ridursi nel 2013, nonostante gli sforzi per la riduzione dei costi, a causa di un'ulteriore pressione sui ricavi e sul costo dei rischi attesa dall'agenzia.
 
Questione di valutazioni Fuori i dipendenti del Consorzio, quindi, anche se va sottolineato che il numero è nettamente inferiore rispetto ai 2360 paventati inizialmente (leggi), per far spazio in qualche modo al Tesoro in una partita giocata non solo sul tavolo delle trattative ma anche tra i banchi del Parlamento nelle valutazioni di un’opportunità più o meno valida che lo Stato entri in Rocca Salimbeni. Nella valutazione, di un’opportunità più o meno valida, che in futuro la Banca riesca a risarcire in qualsiasi forma il prestito di 3,9 miliardi di euro.  Nella valutazione, soprattutto, del prezzo di quelle azioni da riservare allo Stato come risarcimento del prestito e sul quale non si trovano d’accordo Ministero dell’Economia e Commissione Europea.
 
La proposta aziendale Scontri e dibattiti su più fronti dunque. La Fisac-Cgil rende intanto pubblica la proposta aziendale sul tavolo delle trattative sottolineando come questa sia «ufficiale ma non formalizzata per iscritto» e nel dettaglio prevede: «esternalizzazione di  1.110 Lavoratori, unicamente del Consorzio e presenti in tutti i Poli; smantellamento dell’impianto concertativo del CIA, al fine di recuperare discrezionalità sulle assunzioni, sul sistema valutativo e sui percorsi professionali, sulle progressioni di carriera, sugli inquadramenti, sulla mobilità territoriale, sui trasferimenti a domanda dei dipendenti, sul sistema incentivante; sostanziale azzeramento delle integrazioni economiche aziendali in maturazione dal  1 gennaio 2013 (ad esempio le carriere economiche) e delle maggiori previsioni  rispetto alle indennità da CCNL (ad esempio indennità di cassa, sostituzione, ecc); attivazione del Fondo Esuberi, interamente pagato da tutti i Lavoratori tramite interventi generalizzati di riduzione del costo del lavoro (da 6 a 10 giornate di solidarietà all’anno per tre anni, minore accantonamento al Tfr, decurtazione ferie arretrate non godute, tagli al trattamento di missione, ecc.); eventuale aumento del numero delle esternalizzazioni in caso di minore adesione al Fondo».
 
La reazione sindacale Tutt’altro che serafico poi il commento della sigla sindacale in merito: «Appare sempre più chiaro  – si legge nella nota – che la pregiudiziale aziendale sulle esternalizzazioni non mira principalmente alla riduzione dei costi ma allo scardinamento delle garanzie contrattuali nazionali, come testimoniato anche dalla disdetta integrale del Contratto Integrativo Aziendale. Inoltre non si capisce, se non nella logica di inserire forti elementi di precarizzazione, perché permanga il rifiuto di percorrere fino in fondo le alternative proposte dalle Organizzazioni Sindacali che hanno l’obiettivo di mantenere tutti i Lavoratori all’interno del Gruppo e di difendere i principi fondamentali e le acquisizioni normative e salariali del CIA».
 
Prosegue la vertenza E dopo una controproposta sulla riduzione dei costi che ha come cardini Fondo Esuberi, prepensionamenti, tagli ai compensi del top management e garanzie occupazionali per i possibili esternalizzati, la Fisac Cgil sbarra la porta e minaccia ancora battaglia. «Siamo fermamente convinti – conclude la nota stampa – che, a fronte della grande consapevolezza dei Lavoratori e della determinazione dimostrata in questi mesi, sia necessario, praticabile e doveroso  rifiutare le esternalizzazioni – sulla base delle controproposte sindacali in materia di abbassamento dei costi – e trattare seriamente per mantenere garanzie reali ai Lavoratori attraverso il rinnovo del CIA i cui eventuali risparmi devono concorrere ad abbattere le ricadute economiche sui Dipendenti previste dal Piano Industriale. In quest’ottica la Fisac/CGIL è disponibile anche alla riduzione del monte ore di permessi sindacali a condizione che non vengano messe in discussione le norme che garantiscono a tutte le Lavoratrici ed i Lavoratori il diritto di essere rappresentati (assemblee, costituzione RSA). In ogni occasione di confronto con la controparte ribadiremo con forza e coerenza queste posizioni. La Fisac/CGIL riunirà il proprio organismo dirigente nelle giornate di lunedì 10 e martedì 11 alla presenza della Segreteria Nazionale di categoria per assumere le decisioni necessarie a sostegno della vertenza».
 
In Parlamento un percorso accidentato Ieri la Commissione Bilancio del Senato ha bocciato l'emendamento dei relatori al dl sviluppo che modificava i Monti-Bond per Mps. Le proposte prevedevano che gli interessi dei Monti Bond potessero essere pagati da Mps in forma monetaria o in nuovi strumenti finanziari (Monti-bond) e azioni, allontanando così l'ingresso del Tesoro nel capitale. I relatori allungavano anche fino al 31 gennaio 2013 (dal 31 dicembre 2012) la possibilità da parte del Tesoro di sottoscrivere i 3,9 miliardi di bond previsti dalla Spending Review. Oggi nessun salvataggio in corner per Mps nel maxiemendamento del Governo. Dopo la bocciatura arrivata ieri dalla Commissione Bilancio, infatti, l'esecutivo non ha apposto alcuna nuova modifica. Il percorso per gli aiuti di Stato a favore di Mps rimane piuttosto accidentato in quanto non è stato ancora licenziato il provvedimento legislativo che dispone le modalita' di emissione dei Monti-bond che dovra' poi ricevere, una volta notificato a Bruxelles, il via libera dalla Ue se compatibile con le direttive in tema di aiuti pubblici alle banche quotate in Borsa.
 
L’emendamento bocciato Le nuove disposizioni comunitarie escludono, in caso di incapienza del debitore, il “periodo di grazia” cioè l'esenzione dal pagamento degli interessi che invece era previsto per i Tremonti-bond, già emessi dal Monte per 1,9 miliardi nel 2009 e che, ora in base alle nuove normative comunitarie, devono essere trasformati in Nuovi Strumenti Finanziari, i cosidetti Monti-bond. L'emendamento bocciato, che correggeva in parte quanto disposto dall'esecutivo nello scorso luglio, prevedeva che la banca potesse corrispondere, in caso di incapienza, gli interessi dovuti emettendo altri Monti-bond, dunque indebitandosi ulteriormente verso lo Stato, oppure ricorrendo all'emissione di nuove azioni ordinarie a prezzi di mercato, in quest'ultimo caso allineandosi alle disposizioni comunitarie. Nella prima versione del governo, in caso di incapienza, la quota interessi veniva invece corrisposta valutando le nuove azioni da emettere sul valore di libro (patrimonio netto).
 
Questione di azioni Una differenza non trascurabile, agli attuali prezzi di borsa del Monte, con l'adozione dei prezzi di mercato il Tesoro potrebbe diventare azionista della banca senese con un quota fino al 15%, nella originaria versone del decreto ci si fermava intorno 3%. Nell'emendamento bocciato, la previsione di corrispondere interessi con l'emissione di altri Monti-bond anch'essi sottoscritti dal Tesoro, evitava comuque allo Stato di entrare nel capitale del Monte ma aumentava l'esposizione creditizia del Tesoro verso la banca senese.