Il clima si fa sempre più rovente a Siena intorno alla banca. E si affilano i coltelli in vista della Deputazione generale della Fondazione e della prossima assemblea dei soci. Ieri sera è stata una nota di Rocca Salimbeni a precisare il contenuto delle modifiche statutarie proposte e annunciate dal presidente Alessandro Profumo. Vi era stato nel pomeriggio un duro intervento dell’associazione Confronti, per firma di Alessandro Pinciani, che invitava il presidente della Fondazione Gabriello Mancini a «far sentire la sua voce» all’assemblea dei soci del 9 ottobre prossimo (leggi). Oggi tornano a farsi sentire lo stesso Pinciani e Fli con Agostino Milani. Un clima caldo, insomma, in vista della Deputazione generale della Fondazione Mps convocata per domani quando all’ordine del giorno ci sarà il documento di indirizzo strategico dei prossimi anni.
 
La posizione di Banca Mps «Le modifiche statutarie che saranno proposte all'Assemblea dei soci di Banca Monte dei Paschi del 9 ottobre – si legge nella nota – non prevedono nessuna delega operativa in capo al presidente Profumo, né tantomeno alcun ridimensionamento dei poteri dell'amministratore delegato Fabrizio Viola. Sull'articolo 17, infatti, relativo ai poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione spettanti al Cda della banca, è stata proposta,  per quanto riguarda la figura del presidente del CdA, solo la seguente integrazione: "deliberare, su proposta del presidente, la nomina e la revoca dei responsabili delle strutture a riporto diretto del Consiglio di Amministrazione e di adottare ogni provvedimento riferentesi al loro stato giuridico ed economico". Questo perché, così come richiesto dalle normative, il responsabile della funzione di controllo interno deve riportare direttamente al CdA e, conseguentemente, laddove il CdA stesso debba effettuare la nomina non può essere l'amministratore delegato a fare la proposta. Inoltre – prosegue ancora la nota di MPS -, in merito all'articolo 13 sulla dismissione dei rami d'azienda, Banca Monte dei Paschi di Siena chiarisce che, in ottemperanza alle prassi diffuse nel mercato e nel sistema bancario attuale, la proposta di modifica fa riferimento esclusivo al passaggio della funzione decisionale dall'assemblea dei soci al cda, così come già accade per la cessione delle partecipazioni. Pertanto, tale materia non sarà più sottoposta – come ora – alle autorizzazioni assembleari ma sarà soggetta alla esclusiva deliberazione del consiglio d'amministrazione. Si tratta, in tal senso, di un semplice assestamento dei processi alle norme condivise da tutto il sistema bancario».
 
Le domande dell’associazione Confronti Torna oggi sull’argomento Alessandro Pinciani che replica alla banca. «Le modifiche allo statuto che il presidente Profumo vuole far approvare all’assemblea dei soci sono sostanziali e incidono in maniera profonda nella governance dell’istituto, non sono un ‘semplice assestamento’ come ha replicato la Banca», scrive. «Crediamo dunque sia legittimo chiedersi: il presidente ha ancora fiducia nell’amministratore delegato Fabrizio Viola?».
 
«Profumo più forte e Fondazione più debole» Secondo l’associazione «le proposte di modifica non sono una semplice prassi né un passaggio obbligato» ma scelte precise «che portano da un lato all’indebolimento della Fondazione Mps, attraverso la riduzione dei poteri dell’assemblea, e dall’altro al rafforzamento della figura del presidente della Banca. Se passano, dunque, Profumo sarà più forte e la Fondazione più debole».

Rischio cortocircuito Ma il rischio ancor maggiore che si presenta è un pericoloso cortocircuito tra il presidente e l’amministratore delegato: le funzioni gestionali saranno in capo al presidente in rappresentanza del cda o all’amministratore delegato? Il presidente, pertanto, manterrà il suo ruolo di garanzia o avrà anche ruoli di governo? Ad esempio sulla modifica dell’articolo 17: i poteri di nomina dei dirigenti centrali, prima attribuiti al solo direttore generale, ora verrebbero divisi tra presidente e amministratore delegato, invece di passare tutti all’amministratore delegato. Avremo dirigenti nominati da Profumo e dirigenti nominati da Viola. A chi risponderanno? A che serve aver istituito la figura dell’amministratore delegato se poteri rilevanti rimangono in mano a un altro membro del cda, il presidente?».
 
Le perplessità di Fli Sulla nota della banca interviene anche Futuro e Libertà con Agostino Milani che già era intervenuto nei giorni scorsi (leggi) e che «conferma le perplessità già espresse». Anche secondo Milani quella annunciata si tratterebbe di una «modifica sostanziale che esclude dalla gestione dei temi sensibili della Banca, l’assemblea dei soci, ovvero i proprietari, per ricondurla ad una gestione autocratica». Poi dice che «la nota della Bmps è di fatto molto chiara e conferma la volontà del presidente Profumo di ricondurre a se stesso tutto il potere decisionale». Una stoccata infine alla Fondazione: «dobbiamo in ultimo sottolineare come il silenzio del presidente Mancini, di fronte alla intenzione dichiarata di espropriare la Fondazione MPS di ogni residuo potere decisionale, stia diventando assordante».
 
La Deputazione e il documento strategico Il silenzio di Palazzo Sansedoni e del suo presidente va dunque interpretato alla luce della convocazione per domani della Deputazione generale chiamata a discutere intorno al documento strategico della Fondazione. Un tempo un passaggio politico tranquillo, oggi si rivela il campo di battaglia dello scontro in atto, tutto all’interno del Partito Democratico. Senz’altro sarà l’occasione per discutere sulle responsabilità del passato e sulle scelte presenti e future dell’ente. Con meno veleni in giro, forse, sarebbe più facile.

Accuse anche nelle trattative sindacali Al veleno sono le parole delle sigle sindacali di Banca Mps tornate oggi sulla trattativa che vede sul tavolo il Piano Industriale. I rappresentanti dei lavoratori accusano i vertici di veicolare notizie «destituite di ogni fondamento». La stessa nota entra poi nel merito della trattativa sottolineando come «la Banca si è dichiarata assolutamente indisponibile a reperire risorse proprie per finanziare i prepensionamenti, facendoli così gravare in forma esclusiva sui lavoratori, e comunque mantenendo in piedi il progetto sulle esternalizzazioni, sia pure ridotto». I sindacati invitano dunque a «valutare attentamente la provenienza delle notizie medesime e lo scopo a cui esse sottendono», sottolineando «l'irresponsabilità – si legge – della titolare della direzione delle Risorse umane, la quale anzichè lavorare per il buon esito della trattativa, alimenta, sia direttamente che indirettamente, un clima di preoccupazione e di confusione tra i lavoratori». Parole al veleno che arrivano in ambito sindacale anche da Roma per voce di Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi: «La trattativa sul piano industriale del Gruppo Montepaschi di Siena non produce risultati a causa, è bene ribadirlo, di una strategia aziendale che è ferma su posizioni preconcette e non accetta un confronto costruttivo. Deroghe al contratto nazionale non sono possibili e ribadiamo che le esternalizzazioni vanno ritirate. Le soluzioni per raggiungere un accordo possono essere trovate, ma per fare ciò bisogna esser in due e non mi pare che la banca si stia muovendo nella giusta direzione. La trattativa sul piano industriale è iniziata e finirà a Siena. Non ci sono altri tavoli possibili».