Una buonuscita pari a 5,8 milioni di euro in totale (4 milioni + 1,4 milioni per i compensi fissi del 2011 + 450mila euro della retribuzione variabile per l’esercizio 2010). E’ il “gentile addio” di Banca Monte dei Paschi di Siena all’ex direttore generale Antonio Vigni dopo un accordo consensuale tra le parti all’inizio di quest’anno. Al suo posto ora siede nella poltrona di Rocca Salimbeni il nuovo dg Fabrizio Viola contro il quale si sono alzati la maggior parte dei cori nella ormai celebre manifestazione di massa dei banchieri (leggi). Neanche un mese è trascorso dal grande sciopero e di acqua sotto i ponti sembra ne sia invece passata tanta. Banca Monte dei Paschi di Siena ha presentato il bilancio 2011 con una perdita oltre le aspettative e con un crollo in borsa immediato che ha superato il 10%. Ma a tirare su le sorti del terzo istituto bancario d’Italia ha contribuito proprio l’incontro immediato tra il dg Viola e le sigle sindacali passate dalla lotta alla soddisfazione per i “risultati” ottenuti, primo su tutti l’esclusione dei licenziamenti collettivi (leggi).
 
Un necessario passo indietro Non un passo più lungo della gamba, basta arrivare alla proclamazione da parte delle sigle sindacali dello sciopero del 16 marzo (leggi). In attesa di conoscere piano industriale e bilancio Dircredito, Fabi, Fiba, Cisl, Cgil Fisac, Ugl Credito e Uilca tuonavano contro il “caro dirigenti” dell’azienda e sottolineavano come, se i tagli fossero stati necessari, questi sarebbero dovuti partire proprio dal top management. Con gli stessi motivi chiesero allora le dimissioni dei vertici di Banca e Fondazione Mps sottolineando la convinzione “che chi dirige l'istituto ha sbagliato e per questo abbiamo chiesto le dimissioni del presidente della banca Mussari e della Fondazione Mancini, non può pagare solo l'ex dg Antonio Vigni”.
 
Il paradosso di chi ha pagato ma è stato retribuito “Pagare” non è stato il termine più appropriato vista la buona uscita. Ma ciò che sorprende oggi è il silenzio da parte delle stesse sigle sindacali sull’ammontare della cifra che, a prescindere da qualsiasi considerazione di merito, appare perlomeno ad occhio esterno un po’ esosa. Il “gentile addio” a Antonio Vigni non può essere certo un pretesto per riaprire la vertenza ma sicuramente potrebbe essere l’occasione per abbracciare gli interessi degli 8mila scesi in piazza e per un nuovo monito a delle politiche aziendali meno onerose verso il top management. Esattamente quanto richiesto neanche un mese fa…o troppa acqua è passata sotto i ponti?
 
Il paradosso della distanza tra sinistra e sindacati A tuonare contro l’agevolazione ricevuta da Vigni per l’uscita anticipata è “Sinistra per Siena” che definisce la decisione uno scandalo e quanto mai inopportuna in un momento in cui si chiedono sacrifici ai dipendenti della Banca.
“I banchieri, come è un classico nel pieno di questa crisi determinata proprio dalle banche – si legge nella nota stampa -, sembrano vivere in un mondo a parte, una specie di gioco del monopoli, dove i soldi hanno un altro valore rispetto a quelli che i lavoratori ricevono ogni mese in busta paga.
Tanto peggiore è poi il caso della Banca Monte dei Paschi, che con le sue scelte avventuriste avallate dallo stesso Direttore Generale Vigni ha depauperato la banca ed ha saccheggiato il patrimonio della Fondazione, costringendola ad indebitarsi, e quindi non avrebbe dovuto permettersi di erogare buonuscite milionarie.
Se il Direttore Generale è stato incentivato alle dimissioni, forse gli veniva attribuita qualche responsabilità sulle scelte compiute (Antonveneta ecc.)? Se ha responsabilità non può quindi essere premiato; se non le ha e si è limitato ad obbedire agli ordini del Presidente, allora perché farlo dimettere?
Non ci si venga a dire che questi sono ragionamenti grezzi rispetto alle finezze degli economisti e dei banchieri: con tutti gli inglesismi e le chiacchiere di facciata hanno rovinato il patrimonio della città e non hanno giustificazioni.
Solo l’arricchimento personale oggi è il valore guida di questi personaggi che hanno maneggiato i soldi della città senza prudenza, con poca competenza e tanto avventurismo.
Proprio per superare questa crisi avremmo bisogno di Direttori e Presidenti con una nuova etica della responsabilità e della serietà, ma le logiche del piccolo potere di partito sembrano andare in tutt’altra direzione".