Ora si che il quadro è completato: la Banca d’Italia che, seppure in ritardo, ha deciso di commissariare Banca Etruria, ha svelato i veri connotati dell’affaire. Soprattutto perché uno dei due commissari nominati, Riccardo Sora, (l’altro è Antonio Pironti), è noto per quelle che egli stesso chiama «autopsie»: ne ha già fatte varie, le ultime in Abruzzo, l’ultimissima, ricca di strascichi polemici ed esposti, alla Carichieti. Il fatto è che i commissari, in genere, portano alla luce tutti i crediti inesigibili o imboscati, non solo quelli che si vedono in bilancio. Del resto, che la situazione fosse grave lo si sapeva, a dispetto delle dichiarazioni discretamente dimesse che hanno tentato di arginare una piena incontenibile: tutto vano, il Ministero dell’Economia e delle Finanze con il provvedimento dice chiaramente che la procedura avrà «il compito di condurre l’attività aziendale secondo criteri di sana e prudente gestione e di individuare le iniziative necessarie per il superamento della grave crisi aziendale».
Il cammino verso il commissariamento La vicenda, dopo anni in cui si è evidentemente favorito la crisi, negli ultimi mesi è andata al galoppo. Prima l’invito di Banca d’Italia a trovarsi un partner di elevato standing, poi il rifiuto sdegnoso dell’offerta della Popolare di Vicenza, quindi la discesa in campo della politica che, incurante delle valutazioni tecniche, alzò gli scudi per difendere «la banca del territorio», la decisione del CdA dello scorso agosto di trasformare l’istituto in Spa, il decreto successivo del governo che la ha inserita tra le prime 10 popolari che dovranno trasformarsi appunto in SpA, i movimenti strani anche da Londra sul titolo che hanno fatto registrare punte di crescita sospette, quindi l’accordo buonista per paracadutare con ogni tipo di garanzia i 410 esuberi. In mezzo, richieste risarcitorie agli ex amministratori e anche un’indagine della Consob. Infine, il commissariamento che mette la pietra tombale su una governance ancora tutta da capire e interpretare. Come quella che solo l’anno scorso andò a sostituire e dei cui destini penali nulla si sa più.
Oltre ai due commissari Sora e Pironti, nel consiglio di sorveglianza sono stati nominati Paola Leone, Silvio Martuccelli e Gaetano Maria Giovanna Presti. Straordinarie anche le modalità di insediamento dei commissari, nominati mentre, ieri pomeriggio, era riunito il consiglio di amministrazione, presieduto da Lorenzo Rosi, proprio per varare il bilancio. Ora bisognerà vedere se e come i commissari confermeranno l’accordo sugli esuberi e che cosa si farà per arginare i comprensibili tentativi di fuga dei correntisti. Perché una cosa è certa, le gravi perdite di patrimonio di Banca Etruria e le “consistenti rettifiche del portafoglio crediti” non sono imputabili alle migliaia di piccoli e medi correntisti che, seguendo il cuore, hanno continuato a tenere i loro risparmi nella banca di casa. Allora, benvenuto ai commissari se portano allo scoperto tutto quanto è stato così a lungo coperto. La città, preoccupata, resta a guardare. I politici hanno già commentato, purtroppo. Pro sindaco e candidati sindaci con dichiarazioni fotocopie e avanzando tutti forti «preoccupazioni», il ministro Boschi con un tweet che si sarebbe potuta risparmiare. La citazione latina – dura lex, sed lex – nulla dice sul fatto reale che è stato dichiarato il default della governance e che in questa governance il padre del Ministro era il vicepresidente.