Ho deciso di iniziare l’anno nuovo senza buoni propositi. Anzi, con l’unico proposito di osare, almeno in ambito gastronomico, tutto quello che mi passa per la testa, senza remore o codici, e vedere dove mi porterà questa scelta. Se non si può vivere pericolosamente nemmeno in cucina che altro ci resta? Probabilmente solo andare in Siria a combattere contro l’Isis. Ma sono poco preparata per farlo e il suicidio non è fra le mie opzioni esistenziali.
Fedele al mio unico proposito per il 2016, quindi, mi sono subito messa all’opera e ho cominciato con la prima serie di accostamenti azzardati ispirandomi a quello che era già nel frigo e nella dispensa. Quando studiavo da sommelier – esiste un food blogger che non lo abbia fatto? – la lezione che ha catalizzato al massimo la mia attenzione è stata quella dedicata a quanto mi avrebbero insegnato nel corso di terzo livello: gli abbinamenti fra cibo e vino. In suddetta lezione, un bravissimo e demotivato maestro sommelier riassunse in un unico, basilare concetto come si fa a fare un abbinamento gastronomico: o per contrasto o per similitudine. Detto così sembra il sunto dell’adagio che vuole sia valido al mondo tutto e il contrario di tutto, ma all’atto pratico non lo è. O almeno sembra. Prendiamo il salmone affumicato, che di solito viene servito con i riccioli di burro o le fettine di limone. Il salmone affumicato ha un sapore pieno, piuttosto grasso e sontuoso, con una s fumatura di fumo, appunto, che lo solleva dall’avere una pienezza insostenibile. «Se volete esaltarne le caratteristiche – ci spiegò il nostro sconsolato maestro – avvicinandogli un fiocco di burro intensificherete le note di dolcezza e ricchezza gustativa. Se, invece, lo legherete a qualche goccia di limone che aumentando l’acidità vi darà una sensazione di asciutto, sgrassato in bocca, quelle stesse caratteristiche di dolcezza e grasso verranno ugualmente messe in evidenza».
Un po’ come succede nelle coppie, di amici o amanti o consanguinei non importa. Se si somigliano nei modi e nei comportamenti, sbrigativamente si riassume la loro alchimia con un “chi si somiglia, si piglia” oppure “sono uguali come fratelli”. Quando invece differiscono in tutto e per tutto, la spiegazione della loro intesa risiede saldamente nell’assunto che “gli opposti si attraggono”. Che vi avevo detto? Tutto e il contrario di tutto. C’è forse un altro sistema per osare accoppiamenti, pardon, abbinamenti pericolosi: partire da ciò che è consolidato e allargare l’orizzonte. Mi spiego. Il frullato di banane è un grande classico composto da un po’ di zucchero (ma poco) un frutto e un latticino. Anche il pecorino, la fontina, il parmigiano sono membri della grande famiglia dei latticini, però non sono dolci. Il gorgonzola sì. E allora perché non provare banane e gorgonzola dolce ? Magari quello al mascarpone? Ho provato. E non ha funzionato. Devo essere onesta. Da quella famosa e ormai lontana lezione ho imparato che la sperimentazione è la bussola migliore quando si è indecisi e che studiare presso un bravo maestro è la condizione indispensabile per crescere, anche in cucina.
Tornando al mio 2016 sfrontato è pericoloso, ho iniziato con una carrellata intrigante ma meno azzardata di banane e gorgonzola: Feta greca, spinacini crudi, lenticchie rosse, lime, pepe rosa, semi di sesamo, vermicelli di riso, mele Steiman, miso di orzo, soia, miele di castagno e uova di quaglia. C’erano anche molti altri alimenti in gara, ma non si sono classificati per questo giro e dovranno aspettare. Il vincitore? Feta greca con miele di castagno e pane ai cinque cereali. Delizioso con e senza tostatura del pane. Non ci credete? Provate. Il sale è l’elemento distintivo della feta, ma credo funzioni da catalizzatore per il miele di castagno, che esalta a sufficienza da rendere il sapore finale davvero molto gradevole.La medaglia d’argento è andata all’insalata di spinacini con semi di sesamo tostati, bacche di pepe rosa, vinaigrette di olio e succo di lime e mele Steiman a dadini. Carina da vedere e gradevole da mangiare, ma sul fronte insalate bizzarre si può fare (e ho fatto) di meglio. Medaglia di bronzo alle uova di quaglia con fondo bruno di miso d’orzo: alla fine sono un piatto quasi normale, l’accostamento spericolato quasi non si nota.Che ne ho fatto dei vermicelli di riso? Per ora niente. Mi vengono in mente solo cose normali e continuo a rimandare il loro salto in padella. In fin dei conti, ho ancora un anno per pensarci.
LA RICETTA Dopo aver maltrattato le banane con il gorgonzola al mascarpone ho solo un modo per farmi perdonare, il dessert dei giorni neri, quando l’obiettivo da raggiungere è far esplodere il conta-calorie. Per preparare un’eccellente banana split, prendete una banana matura ma non spappolata, tagliatela longitudinalmente e disponete le due metà in un piatto da dolci o in una piccola pirofila da forno con i bordi alti: servono a contenere al meglio il cioccolato caldo. Al centro dell’ovale composto dalle due metà di banana mettete una pallina di gelato alla crema o al Buontalenti o fior di latte e ricoprite il tutto con cioccolato fondente caldo e piuttosto denso, un’abbondante cucchiaiata di panna montata fresca, una spolverata di noccioline tritate e due cialde croccanti per accompagnare. Se siete in vena di esagerare, qualche goccia di sciroppo di acero o di agave sopra le noccioline tostate. Non fatevi le analisi del sangue per almeno una settimana dopo aver mangiat o questa banana split: il risultato del colesterolo è falsato!