A vincere l’edizione 2016 del Premio Pieve Saverio Tutino è “Balilla Blues”, l’autobiografia che dal 1926 al 1943 raccoglie i primi diciotto anni di vita di Ivano Cipriani. Cresciuto negli anni del regime fascista in una famiglia di comunisti pronti a sacrificare i propri ideali per crescerlo in sintonia con quella che era la società del tempo, Cipriani abbraccerà i dettami del regime e solo dopo il conflitto mondiale, una volta adulto, scoprirà una strada tutta sua che porterà, a sua volta, ad aderire al PCI. Cipriani nasce a Roma da Alfredo e Alma e cresce in una famiglia allargata: tutti parenti scappati da Pistoia per fuggire alle persecuzioni del regime, pronti a ogni compromesso pur di costruire una vita normale intorno a quel bimbo. Ma è attraverso le piccole esperienze quotidiane che forma la propria personalità e coscienza critica: durante gli anni del liceo saranno la scoperta dell’amicizia, quella del cinema, della sessualità e della musica – il blues appunto – che lo porteranno ad assaporare la libertà. Nato a Roma nel 1926, Cipriani oggi novantenne, ha raccontato ad agenziaimpress.it il suo “Balilla Blues”, un diario a metà tra il romanzo di formazione e il romanzo familiare.
Il suo diario è universalmente riconosciuto come l’autobiografia di un giovane balilla comunista. Si riconosce in questa definizione?
«Diciamo di sì. Infatti la mia formazione è stata doppia. Da un lato la mia famiglia antifascista, in parte comunista in parte popolare. Dall’altro tutto il sistema fascista di quegli anni. La mia famiglia non voleva che io mi trovassi in difficoltà a scuola e nel domani. Quanto sarebbe durato questo fascismo? Un anno, dieci anni, un secolo? Nessuno poteva saperlo. Per non turbarmi cercavano di non influenzarmi. Però non potevano e non volevano nemmeno rinunciare alle loro idee e al loro modo di essere. Quindi facevo il balilla, l’avanguardista. Però c’era qualcosa che maturava in me, che premeva per uscire allo scoperto. Era la presenza stessa, le piccole parole, le frasi che i genitori dicevano. È così che è arrivata per me la scoperta della libertà».
Questa libertà coincide con la liberazione di Roma del ’44 con la quale si chiude il diario, oppure c’è di più?
«La mia libertà è arrivata tramite una serie di passaggi di per sé insignificanti. Attraverso un giornalino avventuroso, attraverso i fumetti americani e la tromba di Louis Armstrong, la prima a far saltare il lucchetto delle mie catene invisibili. La musica americana che era proibita e così sfacciata ha compiuto un’autentica rivoluzione, molto più di quanto si creda. E poi la prima antologia di scrittori americani arrivata in Italia, ‘Americana’, che ha influenzato molti intellettuali della mia generazione».
Qual è il valore specifico che sente di poter attribuire alla propria storia?
«Se la mia storia ha un valore è che, come tutte le altre storie vere, è unica e irripetibile. La mia esperienza può aiutare a comprendere le altre. Io parlo anche per quelli che non parlano e non possono parlare e che quel momento storico lo hanno vissuto in prima persona».
La storia d’Italia racchiusa nei libri a volte si scontra con la storia raccontata nelle memorie delle persone che l’hanno vissuta: questi due tipi di storia sono in conflitto tra loro o sono solo due lati della stessa medaglia?
«Credo che siano due forme di espressione diverse e due forme di narrazione della realtà, ma non per questo una meno importante dell’altra. La storia appartiene agli storici, sono loro che debbono rielaborala. Però la presenza di tutti questi diari e di un’iniziativa come il Premio Pieve è importantissima perché raccoglie la memoria della gente, di coloro che hanno qualcosa da raccontare . Io e gli altri scrittori di diari diamo testimonianza di noi, delle nostre esistenze e del momento storico in cui abbiamo vissuto».
Premio Pieve solidale Al momento della consegna del montepremi in denaro, Ivano Cipriani ha sorpreso tutti, devolvendo interamente i suoi mille euro del Premio Pieve in beneficenza. Metà montepremi ai terremotati di Amatrice e metà a Medici senza Frontiere. «Questo gesto mi sembra doveroso – ha commentato Cipriani dal palco -. In questo momento storico non possiamo non pensare alle nostre emergenze. Ognuno, seppur nel proprio piccolo, dovrebbe provare a fare qualcosa per aiutare».