In attesa di conoscere il destino di banca Montepaschi appeso dalle notizie che arriveranno da Roma o da Francoforte, a Siena si innesca una polemica politica di cui qualcuno, nel partito di maggioranza Pd come in Comune, avrebbe volentieri fatto a meno. A lanciarla è un comunicato stampa di qualche giorno fa del Partito Socialista che apre un nuovo fronte e chiama riflettere sulla storia recente di banca e Fondazione. Ricordando a tutti che incombe sulla Fondazione una spada di Damocle da far tremare i polsi e rendere insonni le notti a più di qualcuno.

Il presidente Clarich con il sindaco Valentini e il vicesindaco Fulvio Mancuso
Il presidente Clarich con il sindaco Valentini e il vicesindaco Fulvio Mancuso

«Nuovo statuto marginalizza Siena» Il Psi, infatti, nel dirsi “profondamente preoccupato per la grave situazione in cui si trova la Banca Monte dei Paschi di Siena”, punta il dito contro il sindaco di Siena, Bruno Valentini, chiamadolo in causa a proposito di alcune iniziative intraprese dalla Fondazione, prima fra tutte il nuovo statuto. Come si ricorderà, infatti, destò molto rumore la dichiarazione del gennaio scorso del presidente della Fondazione Mps, Marcello Clarich, secondo il quale “non era realistico” il mantenimento della sede e direzione generale della banca Mps a Siena. Un impegno comunque, seppure in modo sfumato,  sancito dal nuovo Statuto, approvato in via definitiva dal Ministero per lo sviluppo economico lo scorso giugno e, dunque, entrato in vigore da pochi giorni. Statuto che non piace ai socialisti poiché, scrivono, «di fatto marginalizza la presenza senese nell’Ente, non si sa bene a favore di chi, se non in un’ottica di benevolenza del padrone di turno. Riterremmo che il sindaco Valentini dovrebbe  ben spiegarlo ai senesi».

Fondazione, tre domande al Sindaco «Inoltre – si legge nel comunicato stampa – sempre dal Sindaco Valentini, saremmo curiosi di conoscere le iniziative intraprese dall’attuale Presidente e dalla deputazione amministratrice, volte a tutelare il patrimonio e le finalità della Fondazione, che vanno oltre l’ordinaria e minima amministrazione, tanto da portarci a chiedere a cosa serva tutto questo apparato esistente». I socialisti, poi, pongono alcune domande al primo cittadino, e non avendo nessun consigliere in Comune lo fanno a mezzo stampa. «Esistevano, o esistono, rapporti fra vecchi membri delle Deputazioni della Fondazione e professionisti incaricati di delicate consulenze finanziarie ? È vero che la Fondazione ha sottoscritto un incarico professionale legale retribuito che prevede sia il parere, che la eventuale e conseguente gestione della causa per l’azione di responsabilità? Perché se ciò corrispondesse al vero, riteniamo che sia irrituale. Le deputazioni della Fondazione hanno considerato il rischio di una azione risarcitoria, qualora le loro richieste, o i loro assunti, non vengano riconosciute dai tribunali, da parte dei soggetti contro cui è stata fatta azione legale? Il sindaco Valentini ne è, o ne era, consapevole?».

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Antonella Mansi e Gabriello Mancini

Azione responsabilità, prima udienza L’ultima domanda si riferisce, in particolare, all’azione di responsabilità avviata nel 2014 sotto la presidenza di Antonella Mansi e portata avanti dallo stesso Clarich. La prima udienza al Tribunale civile di Firenze è infatti convocata il prossimo mese di settembre e sarà senz’altro un momento importante per fare chiarezza su uno dei passaggi chiave di tutti i disastri finanziari seguiti all’acquisto di Antonveneta.

2008, primo aumento Nel novembre del 2007, come si ricorderà, Giuseppe Mussari annuncia al mondo l’acquisto da Santander (costo poi definito in 9,3 miliardi) per cui è necessario far fronte ad un aumento di capitale (il primo della lunga serie) da 5 miliardi l’anno successivo. La Fondazione, guidata da Gabriello Mancini, a quel momento era l’azionista di maggioranza assoluta, con il 48,825% di azioni ordinarie cui bisognava sommare una manciata di azioni privilegiate che la portavano al 58,405%. Escamotage tutto senese inventato per poter mantenere a Siena il controllo totale sull’Istituto di credito, che non piacque mai a Roma, ad onore del vero. La Fondazione Mps, dunque, deve onorare quell’aumento con 3 miliardi da immettere nel capitale sociale di Rocca Salimbeni, mentre i restanti 2 verranno raccolti dal mercato. Da qui l’azione di responsabilità mossa ai deputati (Mancini, Bonechi, Felici, Ceccarelli, Lastray, Cecchetti e Martinelli) che nel 2008 approvarono quell’aumento, attingendo agli investimenti della Fondazione, accusati di non essersi “comportati come il buon padre di famiglia”.

fondazione_mps2011, secondo aumento Mentre un’altra azione di responsabilità, come la spada di Damocle, pende sulla testa dei deputati (ancora Mancini, Martinelli, Cecchetti, più Bosi, Fabbrini, Galgani, Piazzi) che nel 2011 per aderire al secondo aumento di capitale da 2 miliardi, diedero in pegno le azioni Mps per il valore di 1 miliardo di euro ad un pool di banche (J.P. Morgan, Barclays bank, Bnp Paribas, Credit Agricole, Deutsche bank, Goldman Sachs, Intesa San Paolo, Natixis, Mediobanca, Royal bank of Scotland, Unicredit) e per questo sono accusati di avere determinato un indebitamento della stessa Fondazione superiore al 20% del patrimonio, espressamente vietato dallo Statuto. L’azione è rivolta anche contro le sopracitate banche.

fondazione del monte dei paschi di sienanella foto: targa ingressoIl via libera degli organi Vedremo quel che accadrà a settembre con la prima udienza, ma si immaginano già le scintille. Visto che qualcuno prova a ricordare che quella decisione, rivelatasi «col senno di poi» sciagurata, ottenne i pareri favorevoli di Banca d’italia (Mario Draghi, governatore), Consob oltreché il parere positivo del Ministero dell’economia e delle finanze, organo di vigilanza per le fondazioni bancarie. E che ad autorizzare quell’aumento intervenne pure la Deputazione Generale, cioè l’organo di indirizzo della Fondazione, con un documento del novembre 2007, mentre gli stessi enti nominanti (Comune, Provincia, Regione Toscana, Università, Curia) approvarono documenti simili, contenenti le linee programmatiche d’indirizzo (votate da tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione) in cui si invitava la Fondazione a partecipare all’aumento ma non “diluirsi nella partecipazione azionaria della banca”. Il che avviò la strada all’indebitamento. Dunque, partecipazione all’aumento di capitale di banca Mps sì e diluizione nella partecipazione del capitale sociale no. Più o meno la stessa strada imboccata anche nel 2011, con il secondo aumento di capitale che segnò la crisi definitiva dell’ente di palazzo Sansedoni che sacrificò altri 2 miliardi sull’altare della Rocca. E quella fu l’ultima scellerata “col senno di poi” decisione, che sancì l’attuale crisi della Fondazione.

Spetterà adesso ai giudici fiorentini stabilire se ci fu responsabilità o meno dei deputati. Ma, chiedono i Socialisti al Sindaco, è stata valutato il rischio di una eventuale loro assoluzione con conseguente richiesta di risarcimento danni, magari, per “lite temeraria”? La Fondazione dove troverà le ricorse per risaricre tutti? Banche coinvolte comprese? La spada di Damocle del giudizio incombe.