Ad Anghiari, in uno dei borghi più belli d’Italia in provincia di Arezzo, è in corso di svolgimento la 41esima edizione della Mostra nazionale dell’artigianato. Visitabile fino all’1 maggio è il luogo ideale per incontrare vecchi mestieri e nuove competenze. Agenziaimpress.it  è andata tra i banchi per capire dalla viva voce degli artigiani lo stato di salute del settore.

Gem Deruta
lo stand della Gem di Deruta

«Chiudo tutto e lascio l’Italia» Mario Segoloni artigiano ceramista, dopo quasi quaranta anni di attività si prepara a chiudere la sua azienda, la G.E.M di Deruta, la capitale della ceramica. «Questo è il primo anno che veniamo alla Mostra di Anghiari –dice – e qui proviamo a sparare le nostre ultima cartucce. Per il ponte del 25 aprile c’è stato un bel movimento, però oggi è tutto deserto. Io e mia moglie non ci aspettavamo un miracolo, ma qualcosa di meglio sì. Staremo a vedere come si evolverà la situazione di qui al primo maggio».  Alla domanda su come è cambiato il settore dell’artigianato negli ultimi quaranta anni, Segoloni risponde che  va «di male in peggio. Io vengo da Deruta, in Umbria, la patria della ceramica del centro Italia. Eravamo in 13 nel nostro laboratorio, ora siamo rimasti solo io e mia moglie. L’artigianato in Italia sta esalando l’ultimo respiro. La pressione fiscale è insostenibile, come faccio a mandare avanti una ditta quando più del 70% se ne va in tasse? La situazione a Deruta è così un po’ per tutti. È talmente drammatica che se ne stanno andando anche i ceramisti cinesi arrivati negli anni ’80. Loro sì che hanno il fiuto degli affari. Il fatto che se ne vadano è la dimostrazione che ormai non c’è più nulla da fare». E per il futuro le prospettive sembrano essere molto chiare e amare. «Se riesco a vendere tutto, chiudo e vado via dall’Italia. Non voglio più dare un grammo di intelligenza e di sudore a questo Paese».

Ombretta Valenti
Ombretta Valenti

«I turisti alla ricerca di pezzi d’arte» In mostra c’è anche Ombretta Valenti, artigiana stabile ad Anghiari, che da oltre venti anni manda avanti col marito la sua “Bottega dell’Arte” dove vende le loro creazioni di ceramica, terracotta e ferro battuto. Tanti stand in questi giorni infrasettimanali sono chiusi: che fine hanno fatto gli artigiani? «Purtroppo non tutti rimangono per tenere aperti i propri banchi anche durante la settimana – racconta -. Si concentrano solo sui weekend e questo è un peccato, l’acquirente o il turista dovrebbe poter visitare la mostra al completo dei suoi artigiani. Capisco, però, che una mostra così lunga abbia costi importanti da sostenere per chi viene da fuori. In mezzo alla settimana ormai è così. E pensare che negli anni passati i veri affari si facevano in settimana. Era il momento preferito dagli arredatori e architetti d’interni, che venivano da tutta Italia per cercare i pezzi di artigianato più bello. Ora non si vede più nessuno. Ci rimangono i ponti e il weekend; lì si  intercettano i turisti che cercano il piccolo oggetto che ricordi loro la vacanza in Toscana. Siamo sui 15-20 euro di spesa. Solo chi è fortunato incontra persone interessate e disposte a spendere per il pezzo d’arte. Stranieri, ma anche italiani. Ma ormai queste persone sono pochissime, vere mosche bianche».

Stefano Rossi
Stefao Rossi e Francesca Pincardini

«L’unica chiave è reinventarsi» Tra le viuzze di Anghiari, però, c’è ancora chi crede in un futuro diverso per l’artigianato. È la storia di “Roba da Chiodi” dell’artista Stefano Rossi e della sua “musa”, Francesca Pincardini. Classe 1985 lui, 1988 lei. Due giovani che non si sono arresi ed hanno ancora voglia di credere nei propri sogni.  Ma da dove nasce questa passione per l’artigianato? «Ho sempre lavorato il legno e i metalli, in più sono meccanico nella industria tessile Busatti. Lavorare tutte queste materie è il mio pane quotidiano. La voglia di mettermi alla prova nel creare qualcosa di unico, di mio, è nata per gioco e per amore. Quattro anni fa Francesca  (fidanzata e braccio destro in questa attività, ndr) voleva a tutti i costi una libreria per il suo compleanno. Allora mi sono detto: gliene regalo una fatta da me. Quella libreria piacque talmente tanto ad amici e parenti, che iniziarono a chiedermene di nuove. Così ho iniziato a creare i miei pezzi unici di design e riuso. Mi piace molto giocare con i vecchi oggetti e trasformarli. In mostra, per esempio, ho un mobile di legno che è l’emblema del mio lavoro: al posto delle ante ha i due sportelli dell’Ape che mio babbo ha distrutto in un incidente. Per l’Ape non c’era più nulla da fare, così ho salvato il salvabile: dagli sportelli ne ho ricavato due ante per un mobile e dal cassone la struttura per un letto». Una riflessione più ampia è quella sullo stato di salute dell’artigianato, un settore che, secondo molti, non ha futuro: «Che il momento sia difficile è innegabile, ma io non penso che l’artigianato sia morto, anzi – spiega Stefano -. I laboratori con tante persone purtroppo stanno chiudendo, o hanno già chiuso. Questo vecchio sistema di fare artigianato ormai non è più sostenibile ed è un vero peccato. L’unica chiave è reinventarsi. Mi spiego: io lavoro su ordinazione e su misura e spedisco in tutta Italia. Ho la fortuna di poter lavorare a casa contenendo i costi fissi. Oltre a questo ho individuato quel target di clientela che è potenzialmente interessata ai miei articoli e la intercetto online. Tutte le giovani coppie che stanno mettendo su casa, fino ai cinquantenni, trovano nei miei mobili una valida alternativa di design, ai mobili a prezzi stracciati dei grandi magazzini. In più si possono sbizzarrire insieme a me nel disegno e nella creazione e portarmi anche vecchi rottami, vespe, auto, vasche da bagno qualsiasi cosa vogliano trasformare. Insieme gli daremo nuova vita».

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