C’è anche Banca Etruria tra i quattro istituti di credito a cui il Governo ha chiesto all’Unione Europea il via libera per far intervenire il Fondo interbancario di garanzia, dopo che lo stesso ieri ha «valutato favorevolmente» la richiesta di un suo intervento avanzata dall’istituto aretino. Dal settembre scorso gli ispettori del Fondo avevano realizzato la due diligence. Lo rende noto il giornale.it questa mattina con un pezzo a firma Mario Valenza che cita Carife, Banca delle Marche, Banca Etruria e CariChieti. Tutte commissariate.
I dubbi di Bruxelles Come è noto a Bruxelles sarebbero contrari a qualunque tipo di intervento a sostegno delle banche perché configurato come aiuto di Stato. Il Fondo interbancario, infatti, nonostante sia nato per tutelare i clienti in caso di fallimento di un istituto di credito “non è considerato privato nonostante in Italia non ci siano più banche pubbliche da almeno vent’ anni”. Al via libera della Commissione, in ogni caso, manca anche l’autorizzazione della Bce di Mario Draghi all’acquisizione da parte del Fondo della partecipazione di controllo nelle banche interessate. «Secondo i burocrati di Bruxelles – si legge nel pezzo di Valenza – il Fondo svolge comunque una funzione para-statale. Nasce da un vincolo obbligatorio che impone a tutte le banche di partecipare e, soprattutto, come ultima chiamata c’è la garanzia di Banca d’ Italia». Che accadrebbe, dunque se non dovesse arrivare il via libera da Bruxelles?
Rischio “bail in”? Si tema il fallimento, oppure l’altro rischio è l’avvio della procedura di “bail in”, che in Italia dovrebbe entrare in funzione dal 1 gennaio 2016. La nuova procedura, prevista nella Direttiva “Bank recovery and resolution”, prevede che a coprire il buco di una banca non debbano essere più gli Stati bensì, nell’ ordine, gli azionisti, i portatori di obbligazioni e poi i depositi superiori ai centomila euro. Per i correntisti fino a 100mila euro c’è, infatti, la garanzia dal fondo di tutela dei depositi interbancari. Ad Arezzo qualcuno trema.