Con trent’anni di Biscardi alle spalle, è ovvio che ogni errore arbitrale passa, in Italia, come un complotto demo-pluto-massonico. Purtroppo, non è così. Non è questione di favoritismi, anche se il Brasile gioca in casa e la mezza incollatura (se ne avesse bisogno) troveranno il modo di fargliela piazzare. Da Italia ‘34, passando per Inghilterra ‘66 o Argentina ‘78 la squadra ospitante ha sempre avuto un occhio di riguardo. Pur di spingere la Corea al terzo posto (nel 2002) ne combinarono di orrende. Scandalizzarsene troppo, vuol dire essere Alice nel paese delle meraviglie.
Fischietti non all’altezza Il problema sono, piuttosto, gli arbitri scarsi. Che nel Mondiale sono una costante. E non tanto (e non solo) perché sono scarsi. Inadeguati, è l’aggettivo giusto. Il Mondiale è una vetrina imponente. Insieme alle Olimpiadi, il massimo evento sportivo planetario. La Fifa lo gestisce da par suo, ricavandone un business da capogiro e coinvolgendo più gente possibile, in omaggio ad un “ecumenismo” che deve portare soldi, interesse e naturalmente voti (a Blatter, quando eleggono il nuovo direttivo). Così ci tocca di vedere partite di altissimo livello, sotto gli occhi del mondo intero, con arbitri della Malesia o guardalinee della Nuova Guinea. Ricordo un’Italia Cile di qualche mondiale fa arbitrata da un signore del Gabon: e Ivan Zamorano che, alla fine, non sapeva se ridere o piangere.
Arbitri scadenti Questo è sempre stato il bello (o il brutto) del Mondiale di calcio. L’arbitro giapponese (e dei guardalinee colombiani in Messico Camerun ne vogliamo parlare?) non era solo scarso; era un agnello mandato al macello. In mondovisione, peraltro. Ci sono arbitri abituati a campionati francamente scadenti; dove un qualsiasi fischietto di Eccellenza toscana farebbe un figurone. Un calcio un po’ naif, assai lento e compassato, talvolta di scarsa qualità: soprattutto, senza pressione e con usi e costumi molto diversi (in Giappone, dopo un’ammonizione ricevuta, i calciatori fanno pure l’inchino). Non è un problema dell’arbitro venduto: quel giapponese crocifisso dalla stampa di mezzo mondo è stato catapultato in un mondo che, semplicemente, non gli appartiene. Abituato alle sue tranquille domeniche a Yokohama o a Nagoya, si è trovato davanti una squadra composta da gente assatanata e figli di buona donna (come sanno essere i Brasiliani) e, dall’altra parte, la nazionale con l’alito tra i più cattivi del mondo (la Croazia). Ed è andato in confusione. Non è un caso se l’arbitro di gran lunga più bravo è stato finora il nostro Rizzoli. Che a un certo tipo di calcio, ci è abituato. Al Mondiale devono essere rappresentati tutti, raccomanda Blatter. Comprese le Federazioni che, calcisticamente, ad un Mondiale non ci arriverebbero mai. E gli arbitraggi orrendi sono nient’altro che un tributo da pagare. Uno dei tanti. Facciamocene una ragione.