Sindaco Valentini, è partito il processo milanese per le vicende Mps. Quali sono le sue prime considerazioni?
«Si tocca un nervo scoperto, c’è la giusta attesa da parte dei senesi per avere chiarezza su quanto accaduto con la condanna di tutti coloro che hanno sbagliato e con la speranza di un giusto risarcimento per i danni causati».
Sul fronte dei risarcimenti il dibattito è aperto…
«Ho ripreso un’intervista dell’aprile 2013, quando sostenevo che avrei messo in atto tutto quanto in mio potere per chiarire le responsabilità del disastro e risarcire per quanto possibile questa comunità. Mi sembra che quell’idea sia stata seguita, Banca e Fondazione sono parti attive nelle richieste danni e non sono state frenate da chissà quali logiche».
Ha sollevato però molte critiche la decisione della Fondazione di non costituirsi parte civile nel processo penale a Milano, tenendo in pieno la causa civile a Firenze. Crede che sia stata una scelta opportuna?
«Ho chiesto alla Fondazione il perché di tale scelta e mi hanno assicurato che si tratta di un passaggio tecnico e che non viene meno la volontà di andare a fondo su questo come su altri elementi di responsabilità. Basti pensare alle richieste per oltre tre miliardi di euro nei confronti di chi ha avuto posizioni di vertice nelle passate gestioni della Fondazione».
Parentesi sulla Fondazione: come valuta la rilevante perdita provocata dagli investimenti emersa di recente?
«Se vogliamo che l’ente ricominci a svolgere un ruolo positivo, occorre che oltre a mettere a disposizione strutture, personale qualificato e relazioni, possa far fruttare il patrimonio per ricavare utili da distribuire su impegni a forte ricaduta collettiva. È logico che cerchi di investire una liquidità che altrimenti renderebbe zero, spero che ora siano state fatte le corrette valutazioni per far sì che in un tempo ragionevolmente breve l’investimento torni redditizio».
Cosa si aspetta possa emergere dai procedimenti giudiziari in corso?
«Ho piena fiducia nella magistratura senese e milanese, non vedo lentezze né timidezze. Prendo atto che le fantasiose teorie su complotti o tangenti non sono suffragate da riscontri, anche se alcuni politici amano ricamarci sopra. Il mio invito costante, che ho ripetuto anche nell’ultima riunione in Fondazione, è a non arretrare di un passo nel perseguimento delle responsabilità e nella richiesta di risarcimenti».
Su alcuni passaggi fondamentali del passato non gioverebbe una maggiore chiarezza? Dalle fasi precedenti all’acquisto di Antonveneta, alla famosa difesa del 51%, si procede solo per stralci di rivelazioni e ammissioni.
«Non è un mistero che Banca Mps avesse un’alternativa di crescita rispetto ad Antonveneta, che avrebbe consentito di impegnare azioni e non liquidità. Ma qui si torna alla difesa strenua della fatidica soglia del 51%, questione che richiama alle responsabilità di una classe dirigente che voleva crescere senza perdere il controllo. Solo dopo e a caro prezzo si è capito che le due cose non stavano insieme. Quelle decisioni erano di pochi e coinvolgevano anche l’opposizione senese e nazionale, che beneficiava di una quota di potere diretto e indiretto. Eravamo frastornati da budget e promesse mirabolanti costruite sull’acqua o meglio sulle menzogne di bilanci fasulli. E i responsabili ora dovranno pagarne il conto».
Articolo pubblicato da La Nazione (ed. Siena) il 15/10/2015