La risoluzione al problema siccità è, anzi sarebbe, sotto i nostri piedi e nella nostra testa. Scorre sotto terra e nelle menti di chi dovrebbe fare una corretta informazione tralasciando allarmismi ma favorendo un corretto utilizzo delle risorse idriche. Questo in sostanza la riflessione che suona più come un monito da parte dell’Ordine dei Geologi della Toscana per parola della presidente Maria Teresa Fagioli che invita gli enti competenti ad una corretta e consapevole programmazione della gestione della risorsa idrica superficiale e sotterranea
 
Lo sperpero dell’acqua «Si parla poco di acque sotterranee perché invisibili – continua la presidente Fagioli – perché è più difficile comprenderne il comportamento. Ma non bisogna dimenticare che la maggior parte dell’acqua distribuita dagli acquedotti è acqua sotterranea. Per non parlare poi degli usi irrigui, domestici e industriali che l’acqua la prendono quasi esclusivamente dal sottosuolo. Quello di cui ci si dimentica però è la cialtroneria ovvero sperpero dell’acqua, di cui le perdite acquedottistiche sono la voce scandalosamente prevalente».
 
Una sbagliata programmazione «Se l’acqua è importante davvero – prosegue ancora la presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana – allora si devono trovare soldi per gli studi che evitino di mettere industria, agricoltura e cittadini a secco. E non c’è bisogno di esser geologi o ingegneri idraulici per capire che non si può gestire, progettare o programmare senza dati, o con dati scarsi e non attendibili. Occorre un piano coordinato, con priorità dettate dal reale potenziale della risorsa e dal minimo costo logistico. Non dalla logica del mega progetto, le cui pretese economie di scala finiscono sempre per non compensare gli sprechi dell’opera faraonica».
 
La ricetta è nella competenza «Chi dice che non ci sono soldi per gli studi sulla risorsa idrica dimostra solo la propria ignoranza – sottolinea Maria Teresa Fagioli -, se non peggio, visto che sulle emergenze c’è sempre un manipolo di furbi pronti a lucrare. Quello che non va, invece, è quanto fatto dalla Regione, che al tavolo tecnico istituto lo scorso febbraio per varare una serie di iniziative per ottimizzare l’uso delle risorse disponibili e monitorare l’evoluzione della situazione, sono stati chiamati tutti i controllori (Regione, Province, Ato, Arpat, Autorità di bacino) e i controllati (gestori del ciclo delle acque) ma non i rappresentanti di organismi competenti ed indipendenti, quali mondo delle professioni ed istituzioni accademiche».