Mettete uno scrittore e un pittore a Madrid. In un luminoso giorno di primavera sono proprio sotto il monumento dedicato a Don Chisciotte e Sancio Panza. Il viaggio, certo, comincia da qui.
O forse no, comincia leggendo le vicende di quel gentiluomo allampanato che perdendo la ragione si credette chiamato a difendere i deboli e a riparare i torti del mondo. E forse comincia ancora prima, comincia con il viaggio del cavaliere dalla trista figura e del suo fido scudiero. O prima ancora, con il viaggio di Miguel de Cervantes insieme al suo eroe di carta, personaggio che finirà per oscurare persino il suo autore.
Perché è da lì che discende tutto, perfino il viaggio che oggi ci raccontano Claudio Visentin e Stefano Faravelli in “Alla ricerca di Don Chisciotte”, ultima creatura di Ediciclo. Viaggio nei luoghi della scrittura di questo capolavoro che appartiene a tutti, viaggio nei luoghi che si presume toccati dallo stesso cavaliere errante.
Così ci sono mulini a vento, piane arroventate dal sole, grotte e conventi. C’è Toledo, un tempo crocevia di culture e religioni. C’è la Mancia, che è la Spagna meno solcata dalle rotte del turismo internazionale. Ma c’è anche molto altro, in questo piccolo libro che si legge di un fiato e si gode con le sue illustrazioni. Perché molto succede: persino che i due – intendo Claudio e Stefano – finiscano per entrare dentro i panni dei personaggi che stanno inseguendo, il cavaliere e lo scudiero.
E i due, si sa, rappresentano molte cose: follia e buon senso, idealismo e vita quotidiana, passione e realismo. Coppie di opposti che bisognerebbe imparare a dosare nei nostri giorni. Magari largheggiando con l’ingrediente più pericoloso, ma anche più affascinante: quella capacità di inventare e inventarsi che è proprio della letteratura e che proprio in Don Chisciotte trova il suo inimitabile modello.
Inimitabile, ma buono per mettere in viaggio le persone, sui cammini di sogno e di polvere.