Il Consiglio regionale toscano sollecita la Giunta, e particolarmente chi detiene la delega della cultura, a presentare una proposta di legge che superi la normativa che discende dalla legge n. 5 del febbraio 2012 concernente la valorizzazione delle rievocazioni e ricostruzioni storiche. Siccome non ci si vuol limitare a stilare un elenco, annualmente aggiornabile, delle iniziative degne di considerazione (cfr. decreto n. 3720 del 2015), ma si vorrebbe erogare anche concreti sostegni sembra indispensabile fissare criteri stringenti di selezione e quindi approntare anche una lista plausibile e ristretta. Insieme al nostro Palio l’allegato comprendeva occasioni del più vario tenore: il palio di San Rocco di Figline Valdarno e quello dei pony di Fucecchio, il palio della granocchia di Civitella Paganico e il palio di Bientina. La lista è da aggiornare annualmente soprattutto in relazione a eventuali ricostruzioni di battaglie o di episodi che si punti a riportare alla ribalta o per onorare cadenze di anniversari o per trovate turistiche della Pro Loco di turno. Nell’aggiornamento ultimo (2018) sono stati aggiunti il palio dei somari di Torrita, il torneo cavalleresco di Sarteano e l’animazione circense “Monteriggioni di torri si corona”. Meglio non proseguire.

Il Comune di Siena ha chiesto con apposita delibera che il Palio sia inserito nel testo che si va elaborando tra immaginabili difficoltà. È duro cancellare anche la sagra più rozza in tempi di demagogia imperante. Ad attivare il Comune di Siena è stata forse la legge 20 luglio 2004 n. 189 che ha immesso nel libro II del Codice penale con l’art.19.ter una formula tesa a promuovere normative regionali specifiche in materia di impiego di animali ed a escludere «le manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente» dall’applicazione delle disposizioni generali fissate in materia. Escluderle, però, non significa creare una sorta di Far West e depenalizzare indiscriminatamente qualsiasi atto di “maltrattamento” delle bestie coinvolte, ma assegnare alle Regioni e ai Comuni il compito di emanare norme peculiari, avendo presenti i caratteri delle manifestazioni programmate e gli orientamenti da osservare in base a principi e criteri irrinunciabili nella sostanza.

Del resto lo stesso Trattato sul funzionamento dell’Unione europea all’art. 13 precisa che per le «esigenze in materia di benessere gli animali in quanto esseri senzienti» si dovrà agire «rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale». Non è superfluo sapere che – tanto per complicare il quadro – esistono sulle cosiddette rievocazioni disegni di legge nazionali (uno Realacci, uno Donati e altri) in giacenza dalla scorsa legislatura. Nella legge delega De Giorgi, ad esempio, per il Codice dello Spettacolo dal vivo sono incluse anche le rievocazioni, ma la delega è scaduta e non è noto un testo preciso circa la nuova delega. Si sa che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri. Il Comune probabilmente si è dato da fare ipotizzando due risultati: ottenere qualche finanziamento per gli aspetti organizzativi della celebrazione e alleggerire in materia di trattamento degli animali le procedure in essere.

A costo di apparire un cultore fanatico della specificità del nostro Palio, e senza offendere la diffusa mania di dar vita a raffazzonate rappresentazioni in costume o effimere competizioni, ritengo corretto ribadire una consapevolezza largamente acquisita. Il Palio non è una rievocazione storica e tanto meno una ricostruzione di qualche memorabile disfida. Il Palio vive al presente, non indossa le fogge del passato per un artificioso teatrino. È preferibile di gran lunga tenerlo fuori dalla gazzarra che s’è scatenata. Se ci si prefiggesse di ottenere una fantomatica depenalizzazione si farebbe un’operazione boomerang e si avallerebbero gli attacchi di chi immagina o sospetta un uso cinico e disinvolto dei cavalli. Oltretutto sarebbe smentito inesorabilmente il fin troppo esaltato amore dei senesi per i barberi. Le misure stabilite dal Comune per una gestione dei barberi in linea con la sensibilità dei tempi sono un traguardo importante da non disperdere. Se c’è un obiettivo per cui mette conto battersi è la ricomprensione del Palio nelle modalità di tutela e valorizzazione previste dalla Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale varata a Parigi nell’ottobre 2003. Questo è il livello del Palio di Siena.

da La Nazione – cronaca di Siena, 14 aprile 2019