Sono fra coloro che non è andato all’Isola del Giglio a vedere la Costa Concordia.
Non è un merito e non è un vanto: semplicemente, non mi interessava. Non ho mai avuto la curiosità di vedere luoghi di disgrazie o di delitti.
Ma se fra qualche mese, o qualche anno, decidessi di andare in vacanza all’Isola del Giglio, riconosco che appena sceso dal traghetto, mi guarderei intorno e chiederei: in quale punto era esattamente la Costa Concordia?
Da un punto di vista turistico, la domanda che mi pongo adesso è invece un’altra: cosa mi aspetterei di trovare? O cosa mi farebbe piacere trovare?
Di sicuro un nome che identifichi il luogo, un toponimo come “spiaggia della Concordia” o “baia della Concordia” per sapere immediatamente in quale luogo si trovava la nave inclinata sul mare. Perché troverei fastidioso passarci davanti, senza aver saputo che “quello” è stato il luogo della tragedia e della eccezionale opera di solidarietà di tutti gli abitanti dell’isola.
Poi quello che in inglese si chiama un landmark a ricordo dell’evento. Non un cippo o un monumento, perché non c’è nulla da celebrare, ma un “segno” riconoscibile, visibile, ma al tempo stesso sobrio e rispettoso, evocativo senza essere descrittivo. Quando penso ad un landmark – ma solo per essere più chiaro, a puro titolo di esempio – la prima cosa che mi viene in mente è il cerchio rosso di Mauro Staccioli lungo la strada che arriva a Volterra. Sul luogo, nient’altro.
Se invece l’Amministrazione comunale volesse ricordare in maniera più articolata quello che è accaduto – a titolo di memoria, per non dimenticare, ma senza finalità turistiche dirette – dall’incidente fino alla rimozione della nave, allora potrebbe allestire una documentazione fotografica e tecnica in uno spazio adeguato: magari poche stanze, ma allestite con rigore e grande qualità divulgativa, per raccontare tutto quello che è accaduto quella notte ed in questi anni. Gli aspetti umani e quelli tecnici, con una descrizione precisa (in più lingue, naturalmente) e appassionata.
Che permetta a tutti – anche a chi ha seguito la vicenda in maniera superficiale – di “percepire”, anche dopo anni, quello che è stato il legame fra la Costa Concordia e l’Isola del Giglio.