Il mondo del basket è in lutto per la morte di Matteo Bertolazzi. L'ex giocatore si è spento questa notte a Parma all'età di 35 anni. Bertolazzi lottava da tempo contro un male incurabile. Iniziò la sua carriera nelle giovanili della Virtus Bologna, con cui esordì in serie A collezionando due presenze nella stagione 1996-1997. Ha giocato con Forlì, Pistoia, Vigevano, Casalpusterlengo e Omegna. La nazionale italiana scenderà in campo questo pomeriggio contro la Spagna, nella sfida degli Europei, con la maglia listata a lutto per onorare la sua memoria. Il suo ricordo, per agenziaimpress.it, affidato alle parole di Niccolò Casalsoli (Corriere Fiorentino e Firenze BasketBlog).

Del Matteo Bertolazzi giocatore si potrebbero scrivere tante cose. Si potrebbe dire che su tanti parquet italiani ha spesso fatto quello che voleva. Intelligenza e velocità prestate al gioco della pallacanestro, Bertolazzi ha impersonificato per tanti anni il ruolo del playmaker, quello vecchio stile. Nel mondo delle minors italiane "Gnegno" era diventato un mito, un califfo, un giocatore di riferimento. Il fisico non gli dava certo una mano. Quando non arrivi ad un metro ed ottanta, devi essere tanto più veloce e sveglio degli altri per importi. Lui lo faceva apparentemente senza sforzo, smezzando un no-look da una parte, sistemando una spaziatura dall'altra, sprintando in contropiede, prendendosi un tiro importante dopo aver passato minuti lunghissimi a svolgere il fondamentale ruolo di direttore d'orchestra. Quando parlava, tutti i compagni lo stavano ad ascoltare. Perché non parlava uno qualsiasi, ma in quel momento stava parlando un leader, il generale in campo. Purtroppo questo pezzo è scritto al passato, perché Bertolazzi ci ha lasciato. Ha lottato duro per due anni contro un male incurabile, che si è trasformato come il più viscido dei nemici ed alla fine lo ha vinto. Classe '79, Bertolazzi è morto a 34 anni. Uno schifo. Una morte ingiusta, forse più ingiusta delle altre perché Teo era veramente una bravissima persona. Mai una parola fuori posto, sempre a disposizione per un'intervista o un commento che non sfioravano mai la banalità. Di questa tremenda malattia se n'è accorto nell'estate del 2012, nel corso della preparazione con la sua ultima squadra, la Paffoni Omegna. Fiatone dopo appena due sprint, impossibile per una molla impazzita come lui. Da quel momento è iniziata una lunga lotta per vincere la partita più importante, quella della vita. Non ce l'ha fatta, ma per tutti gli amanti della pallacanestro Bertolazzi vivrà per sempre. Vivrà per sempre nei cuori di Pistoia e dei pistoiesi. Nell'anno del ritorno in Serie A, la città toscana si addolora per la perdita di un simbolo della rinascita del basket biancorosso. Con quella maglia addosso Bertolazzi ci ha passato una fetta importante della sua carriera, dal 2004 al 2008. Anni vincenti, di grandi soddisfazioni. Le stesse che poi si è tolto a Vigevano, dove ha vinto un'altro campionato di Serie A Dilettanti, Casalpusterlengo ed Omegna. Dovunque ha giocato, Bertolazzi si è fatto apprezzare, si è fatto amare senza limiti. Lo vogliamo ricordare sorridente, sulle tribune del PalaCarrara. Era il 3 giugno 2012, gara-5 di semifinale play off Pistoia-Scafati. "Gnegno" era stato appena eliminato dai play off e per sbollire la rabbia si era rifugiato nella sua Pistoia. Dopo aver dominato la regular season e vinto la Coppa Italia, Omegna perse 2-0 contro Ferentino ed uscì al primo turno. Quel giorno il buon Teo mi confessò che la rabbia per quella eliminazione non era ancora passata, ma che l'avrebbe tenuta lì come stimolo, per riprovarci ancora più duro la stagione successiva. Purtroppo il secondo assalto non gli è riuscito. Gli è però riuscita l'impresa di rimanere nei cuori di chi ama il basket. Per sempre TUTTI PAZZI PER BERTOLAZZI.

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