Il suo rapporto con la Toscana e con l’Italia era speciale. Tanto che parlava molto bene l’italiano, lingua che ha usato anche per la dichiarazione d’amore alla famiglia sul palco nella notte degli Oscar, quando ricevette la statuetta per Dear Basketball. Un omaggio all’Italia anche nei nomi delle sue quattro figlie: Gianna Maria, Natalia Diamante, Bianka Bella e Capri.
In Italia Kobe c’era cresciuto (dai 6 ai 13 anni) ed imparato i fondamentali della pallacanestro, con suo padre Joe che ne ha calcato i parquet per sette anni, dal 1984 al 1991, fra Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. In Toscana Joe Bryant ha giocato due stagione, in serie A2, fra il 1987-89 con la maglia dell’Olimpia Pistoia. Il piccolo Kobe all’epoca aveva nove anni, andava alle scuole elementari con i suoi coetanei, partendo ogni mattina dalla casa di Cireglio a pochi chilometri da Pistoia. Faceva le cose che fanno tutti i bambini, ed oggi i social sono pieni di ricordi di chi ha conosciuto quel Kobe bambino tenuto per mano dal padre Joe. Un legame che era rimasto forte e di cui Kobe andava orgoglioso. C’era tornato due anni fa (nella foto di Pistoia Basket) a salutare gli amici di un tempo; ma in Toscana ci veniva quando poteva, a Pisa per una foto con la moglie Vanessa sotto la torre, ma anche per un po’ di relax a Casole d’Elsa, fra le colline della campagna senese, come nell’estate del 2013.
Ieri, domenica 26 gennaio, la notizia che ha commosso il mondo intero, anche chi una partita di Kobe Bryant non l’aveva mai vista. Il suo elicottero si è schiantato poco fuori Los Angeles, e per chi era a bordo non c’è stato niente da fare. Se ne è andato così Kobe. Con la figlia tredicenne Gigì (Gianna Maria), la coach della squadra di basket della figlia ed una sua compagna di squadra. Stavano andando ad una partita di basket.
E pensare che si è parlato di Kobe Bryant solo due giorni fa, sabato, quando LeBron James lo ha sorpassato per realizzati in Nba (terzo assoluto), fatto che aveva ottenuto i complimenti dello stesso Kobe.
Ha raccolto il testimone di Michael Jordan; ha fatto innamorare di questo sport una generazione intera. La sua canotta è indossata in tutti i continenti, da ogni ragazzino con una palla a spicchi in mano ed un canestro al muro. Lo ha ricordato anche Pistoia Basket, la società che fu di suo padre: “Lo abbiamo visto giocare al PalaCarrara durante gli intervalli delle partite di papà Joe. Aveva un legame forte con la città di Pistoia e proprio qualche anno fa venne a farci visita. Che la terra ti sia lieve Kobe”.
Kobe non c’è più; le sue maglie giallo e viola, la numero 8 e la numero 24, erano già state ritirate ed affisse nel soffitto dello Staples Center, la casa dei Los Angeles Lakers, al suo ritiro nel 2016. Insieme a quelle di Wilt Chamberlain, Magic Johnson, Kareem Abdul-Jabbar. Ma anche loro, come tutti i grandi miti Nba, ne hanno una, Kobe ne ha due.
Tutto il mondo lo piange. Ma i suoi canestri, la sua attitudine alla ricerca della vittoria, i suoi record, il suo sorriso, i suoi abbracci a Gigì a bordo campo, resteranno immortali.