Si è spento ieri a Firenze Gino Menicucci, ex arbitro e alto esempio di toscanaccio. Aveva 77 anni, da tempo era paralizzato su una sedia a rotelle per un’operazione mal riuscita. Pubblichiamo volentieri il ricordo personale che Sandro Bennucci tratteggia su FirenzePost di cui è direttore.
Ho un rimorso: avevo promesso a Gino Menicucci di andarlo a trovare portando anche un caro amico comune. Chi? Serafino Sanesi, sì il mitico trattore della bistecca, là a Lastra a Signa. Gino era stato un suo affezionato cliente, negli anni in cui arbitrava ma anche dopo. Un mangiatore, un allegrone, uno dalla battuta pronta: in campo e fuori. Negli anni Settanta, durante una partita del Cagliari, un giocatore sardo disse a Menicucci: “Guardi che noi abbiamo Riva…”. E lui di rimando: “Riva? E io sponda…”.
CONTROMOVIOLA – Va bene, lo confesso e ne vado orgoglioso: Gino era un mio grandissimo amico. Mi accompagnò, quasi passo passo, all’inizio della professione. Lo trovavo a Coverciano insieme a quello che, per me, era un gruppo di “maestri”: Artemio Franchi, Ferruccio Valcareggi, Fino Fini, l’avvocato Giacinto Zoli, che era stato arbitro e faceva il giudice sportivo di serie C. Menicucci aveva debuttato in seria A nel 1972. Parlava molto, forse troppo, durante le partite: spiegava ai giocatori le decisioni. Sbagliava raramente. Carlo Sassi, uomo della “moviola” in tv, difficilmente riusciva a prenderlo in castagna. Gino sapeva di essere bravo. E decise di farmi, a suo modo, un regalo. In quegli anni, dopo aver fatto il collaboratore a La Nazione, venni assunto a Stadio, a Bologna. Mi propose una rubrica da fare segretamente insieme, ogni domenica sera: “La Contromoviola dell’Anonimo”. Lui, per telefono, commentava gli spezzoni delle partite viste al rallentatore e io scrivevo. Feci un figurone. Nessuno, tranne i miei direttori di allora (Dino Biondi prima e Adalberto Bortolotti poi), seppe mai che l’Anonimo era lui, l’infallibile Menicucci.
INTEGERRIMO – Mi accorgo che non sto scrivendo una biografia, e nemmeno un “coccodrillo”, come si dice in gergo. Sto buttando giù un ricordo, direi anche molto personale. Ma molto vero. Però, non posso fare a meno di citare due-tre cose che rendono giustizia a Gino, che dimostrano aveva sì la lingua lunga, ma anche grande caacità e integrità morale. Nel 1974, in occasione di un Foggia–Milan, ultima giornata di campionato, il dirigente del Foggia Sergio Affalato cercò di corrompere lui, Menicucci, e i guardalinee dell’incontro, regalando loro tre orologi. Gino rifiutò e raccontò tutto all’ufficio-inchieste prima e al giudice sportivo poi. Non basta. Avevano tentato di coinvolgerlo anche nel Totonero. Ma dopo i primi accertamenti, Menicucci uscì completamente pulito dall’inchiesta, tanto da essere stato l’unico prosciolto da ogni capo di accusa in sede di istruttoria. In seguito alla prova della sua innocenza fu promosso arbitro internazionale (1981). Tuttavia, la sua carriera arbitrale si chiuse con una sospensione comminata dalla Commissione Disciplinare dell’AIA, l’associazione arbitri, per dichiarazioni non autorizzate: nelle quali Menicucci aveva attaccato i vertici del calcio e la stessa Associazione. L’accusa? Mancanza di trasparenza. Aveva ragione lui. Poi dovettero chiedergli pubblicamente scusa.
ATTORE – Nel 1999 partecipò al film “Lucignolo” diretto e interpretato da Massimo Ceccherini, con Alessandro Paci e Claudia Gerini. Nel film, Menicucci era il giudice. Nel 2011, quand’era già malato da tempo, il presidente dell’AIA Marcello Nicchi, attraverso una deroga speciale, gli restituì la tessera di Arbitro benemerito, mentre i colleghi della sezione di Firenze gli consegnarono il massimo riconoscimento, il Fiorino d’Argento. Ma se aveva perso l’uso delle gambe aveva mantenuto la lingua tagliente. In televisione i suoi giudizi, soprattutto sulla Fiorentina, erano precisi e pungenti. Soprattutto negli ultimi anni, quando appariva insieme a Massimo Sandrelli e a me. Difficile tenerlo a freno. Soprattutto se i viola non avevano vinto.
CALCIO STORICO – Tutto qui? Macchè. Gino Menicucci, da fiorentino, è stato anche un protagonista del Calcio in costume: fu capitano dei Bianchi di Santo Spirito, prendendo il posto del mitico Brunetto Vannacci. Anni duri, quelli, per i Bianchi. Le sfide con gli Azzurri erano tremende. Gino era in mezzo ai calcianti mentre si picchiavano. Pazienza se non si scansava in tempo… Ma per lui il calcio in costume era una fede: perché rappresenta un pezzo di storia di questa città. Che sentiva sulla pelle. E manifestava il suo orgoglio, la domenica, quando sbucava dal sottopassaggio degli stadi e sentiva l’altoparlante che annunciava: “Arbitra Menicucci di Firenze … “. Parole che gli davano la carica… Addio Gino.
Sandro Bennucci (FirenzePost)