Ci sono personaggi che non dovrebbero morire mai. E quando lo fanno, improvvisamente o in punta di piedi, ti spiazzano.
Perché non possono morire. Non è nemmeno tanto giusto.
Quando succede, si prova un piccolo senso di vuoto. La vita va avanti, naturalmente, ma avverti che qualcosa si spegne per sempre. A me successe quando morì Gianni Brera, per esempio. E Indro Montanelli….
Ricordo lo sgomento che mi prese il giorno che dettero la notizia della morte di Enrico Ameri: «E adesso, come faranno la domenica alla radio?», pensai…. E Ameri non trasmetteva più da anni.
Alfredo Martini è tra quelli che mi hanno dato questo dispiacere.
Perché per me era importante che ci fosse. La sua presenza, sportivamente parlando, mi dava serenità. E anche se ormai era fuori dal giro, il pensiero che ci fosse Alfredo Martini, anche solo con una semplice carica onorifica, mi sembrava una gran bella cosa.
Mi piaceva l’idea che, seppur vecchio, qualcuno andasse a chiedergli un parere, o un consiglio… E mi tranquillizzava il fatto che in quel mondo avventurato come la bicicletta, l’ultima parola potesse toccare a uno come lui.
Per me era il CT dell’Italia ciclistica. E lo era anche quando non lo era più. E forse continuerà ad esserlo per sempre.
D’altronde ho questa specie di deformazione mentale che può rasentare la patologia: quando mi chiedono chi è il portiere della Nazionale, d’istinto rispondo «Zoff». E se sono sovrapensiero, mi capita di pensare che il Presidente della Repubblica sia ancora Sandro Pertini.
Credo, in fondo, che il Sor Alfredo appartenesse a quella categoria di gente lì. A quella dei Pertini, dico. Gente che ha attraversato le epoche, ma in qualunque epoca hanno saputo portare il loro tratto di persone pulite e perbene.
Di quelle che non ne fanno più, così.
Mi colpì molto il gesto di Nibali, qualche giorno fa. Nibali deve essere un bravo ragazzo, a occhio.
Gli chiesero: «Cosa farai adesso di questa maglia gialla?» . Il campione siciliano sorrise e si commosse un po’: «Per prima cosa vado a portarla ad Alfredo. Che è un po’ che non lo vedo…».
Nibali era reduce dal trionfo di Parigi ed era sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo. Il suo primo pensiero fu per Alfredo, che si stava spegnendo nella sua cameretta.
Ma lo sport è questo.
E questi sono gli uomini di sport.
O almeno, quelli che piacciono a me.