Peccato per i disagi che provoca, perché la neve è davvero bella nell’incanto di quel silenzio in cui il mondo sembra finalmente sospeso e arreso a ripensare se stesso. Quando – giustappunto innevate – le differenze (dei luoghi, del cuore e della mente) paiono appianarsi: e non di forza, ma per candida insistenza, per suadente bisbiglio. Cosicché – scomparse per sortilegio pietre, tegole, mattoni – la città resta immobile, come una novizia eretta nel paramento immacolato della vestizione.
Siena, poi, che ad ogni stagione sa mostrarsi città del prodigio e del non-tempo, quando nevica diventa ancor di più visione magica. Lo sosteneva pure Mario Luzi, scrivendo: «Tuttavia per i suoi trionfi la luce cerca a Siena piuttosto la neve, i candelotti di ghiaccio in cui è condensata, le stalagmiti pendenti dai cornicioni, dalle balaustre, dalle finestre, dai tetti nel controsole mattutino». Il poeta annotava queste immagini ricordando la memorabile nevicata del 1929, quando peraltro si era già prossimi alla primavera. E la città divenne tutta bianca, «ornata di una cristalleria lucente, tutto il territorio intorno, innevato dalle campagne e dagli orti prossimi fino alle crete lontane di Castelnuovo Berardenga e di Asciano rifletteva quello splendore, abbagliava”. Luzi conclude che l’acqua sublimata in neve e questa in ghiaccio luminoso – ciò a causa di quel lontano incantesimo – continua a rimanere per me nel codice proprio di Siena».
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