Il Prefetto di Arezzo Alessandra Guidi
Il Prefetto di Arezzo Alessandra Guidi

Il flusso di migranti in arrivo in Toscana in questa calda estate è continuo e non passa giorno in cui i nuovi arrivati non siano smistati nei tanti paesi presenti su tutto il territorio regionale. Agenziaimpress.it ha intervistato il Prefetto di Arezzo Alessandra Guidi.per affrontare la questione dei migranti e analizzare la situazione nella provincia di Arezzo.

Parliamo di accoglienza. Prefetto, ci aiuta a ricostruire una fotografia della situazione attuale in provincia di Arezzo?

«Oggi nella provincia di Arezzo ospitiamo circa 540 migranti. L’accoglienza procede per numeri ripartiti in misura percentuale secondo il criterio della popolazione residente, cioè il 9,2% degli arrivi in Toscana è destinato ad Arezzo sulla base dei tavoli nazionali a cui partecipano tutte le regioni e l’Anci. In più, nella provincia di Arezzo ripartiamo le presenze anche in base agli ambiti comunali. Nell’ultimo mese sono arrivate circa 130 persone e abbiamo ancora pochi posti liberi per l’accoglienza. Per ora abbiamo un margine di crescita limitato ma, con la fine della stagione turistica, contiamo in una crescita di collaborazione da parte di quei comuni che mesi fa non avevano disponibilità. Il Comune di Cortona è uno di questi. Il modello adottato nella nostra provincia è quello dell’accoglienza diffusa, un modello virtuoso che vogliamo mantenere e implementare perché rispetta i principi di accoglienza del migrante e rispetta il cittadino, che non vede trasformata la propria realtà con concentrazioni di persone difficilmente integrabili».

A proposito di accoglienza diffusa , nei giorni scorsi ha fatto scalpore il caso del Comune di Poppi. Il sindaco Carlo Toni è stato vittima di un linciaggio mediatico dopo aver chiesto aiuto ai propri cittadini per accogliere 30 migranti in arrivo. Come funziona l’accoglienza diffusa?

«È bene sapere che l’accoglienza diffusa si realizza grazie alla disponibilità dei Comuni: ogni località, in base a caratteristiche, grandezza e disponibilità di strutture ricettive, si rende disponibile ad ospitare un numero di persone. Nel caso in cui il Comune non disponga di strutture proprie, come a Poppi, il sindaco può chiedere ai cittadini di offrire, in maniera del tutto volontaria, degli stabili per l’accoglienza. I cittadini si mettono in contatto con la Prefettura tramite il Comune e partecipano anche loro all’accoglienza diffusa».

È di ieri la notizia che, nel Comune di Chitignano, i 4 migranti appena accolti da lunedì inizieranno a lavorare come volontari insieme al personale comunale nella manutenzione ordinaria. Come funziona il lavoro dei migrati in accoglienza diffusa?

«Nel circuito dell’accoglienza diffusa  sono partiti tanti progetti e collaborazioni volontarie che testimoniano l’andamento positivo del progetto. In provincia di Arezzo i comuni di Chitignano, Monte Mignaio, Castiglion Fiorentino, Sestino, Subbiano e Badia Tedalda hanno già dato via alle collaborazioni volontarie. Nei primi sei mesi di accoglienza, il migrante non può compiere attività retribuite ma può adoperarsi nel volontariato. Può operare in associazioni di volontariato come Caritas o Legambiente. Ci si attiva in base alla richiesta di manodopera sul territorio, con grande vantaggio per la comunità».

Accoglienza diffusa e amministrazioni locali: che  autonomia hanno i Comuni rispetto alla Prefettura? Che obblighi hanno?

«Non c’è niente di imperativo. L’accoglienza si basa sulla collaborazione tra istituzioni. Dobbiamo tutti ricordare però che nessuno si può sottrarre alla linea di Governo che è quella dell’accoglienza. I primi soggetti a non potersi, e volersi, sottrarre sono i Prefetti e le Prefetture che istituiscono i bandi e distribuiscono le risorse economiche. Il modello scelto in Toscana è quello dell’accoglienza diffusa che implica una strettissima collaborazione col territorio. Questo modello è migliore per migranti e cittadini ma più complesso da realizzare. Capisce come sia più facile parlare direttamente con un albergatore e in un secondo momento comunicare con un sindaco. Ma l’accoglienza diffusa non è questo, è dialogo e confronto continuo. Ognuno  di noi ha un margine di autonomia nelle proprie funzioni però operiamo in sintonia».

Ma un sindaco come Carlo Toni di Poppi, in difficoltà nell’accoglienza di nuovi migranti, può dire di no alla Prefettura?

«Il sindaco si può sottrarre, ma così si va incontro al blocco del sistema intero. In qualche modo si deve fare. Oltretutto l’accoglienza diffusa tramite la rete dei privati è la forma che penalizza meno il territorio e i suoi abitanti».

Le persone che arrivano in Italia da dove provengono: abbiamo delle statistiche precise a livello locale? Cosa sappiamo di queste persone?

«Noi sappiamo tutto quello che ci dicono. Ci raccontano la loro storia, da cosa scappano e da dove provengono. Raccogliamo tutti i loro dati anagrafici ed eseguiamo i foto-segnalamenti. Abbiamo dati e statistiche con cui monitoriamo il fenomeno. Principalmente queste persone provengono dalla Siria, dall’Eritrea e dall’Africa Subsahariana».

Una previsione per il futuro. Quanti migranti in arrivo dobbiamo aspettarci nella provincia di Arezzo? Quanti saremo in grado di ospitarne?

«Per risponde a questa domanda le parlo di come lavora la Prefettura. Noi pubblichiamo i bandi. Quando in un bando si fa la richiesta dei posti per 300 persone, non è che queste 300 persone son già qua dietro la porta. Noi lavoriamo facendo una proiezione di arrivi futuri. Se da qui ai prossimi sei mesi arrivassero 300 persone, quanti e quali posti avremmo a diposizione? È bene avere un serbatoio pianificato di arrivi, sempre».

 

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