Finita la Festa prencipia il dibattito. Sembra proprio così a Siena dove, appena si è chiusa la Festa provinciale del Partito Democratico in Fortezza, si è aperto il dibattito politico. Ha aperto le danze il sindaco di Monteriggioni, Bruno Valentini che sul suo profilo Facebook chiede una «nuova guida che rappresenti efficacemente e democraticamente il capoluogo» (leggi) e invita la politica a «compiere una severa autocritica, con un forte ricambio di persone». Il messaggio pare chiaro.

Si è aggiunto poi il vicepresidente della Provincia, Alessandro Pinciani, che chiede primarie per la scelta del futuro candidato a sindaco di Siena e contesta apertamente la richiesta che il Pd ha fatto nel corso della Festa di accorpare le elezioni comunali della città con quelle della Regione Sicilia il prossimo 28 ottobre. «Andare al voto in autunno – dice – a Siena impedisce di fatto la possibilità di tenere le primarie per la scelta del candidato a sindaco, non vorremmo che la richiesta di anticipo delle elezioni derivi proprio da questa volontà».

Intanto, dentro la Festa era andato in scena il vero senso di “viva la nostra Siena”, il titolo della kermesse che ha fatto storcere più di un naso ai democratici della provincia. È durante quelle serate in Fortezza che è stata annunciata – a sorpresa di tutti (compresi gli organi politici del Partito?) – la richiesta di anticipare le elezioni in autunno; è in quel contesto che sono nate le investiture sul Ceccuzzi bis di Enrico Rossi e di Matteo Renzi (cui forse il palco senese era stato dato solo se faceva quelle dichiarazioni viene da pensare). È, infine, nel serata conclusiva della Festa che l’ex sindaco Franco Ceccuzzi ha avuto la sua serata da one man show. Il palco tutto per lui.

Il palco tutto per lui come è stato tutto per lui il partito dal Duemila ad oggi (Ds prima e Pd poi), con una personalizzazione politica che sembra ricordare più i partiti carismatici che forze che si richiamano alla sinistra. Negli anni ’80 fu Bettino Craxi a personalizzare il Psi (e la cosa non piaceva certo ai comunisti e anche a qualche socialista, raro per la verità), poi arrivò Silvio Berlusconi con il suo Forza Italia (e la cosa non piaceva ai Democratici di Sinistra). Da dieci anni a questa parte la deriva ha coinvolto più o meno tutte le forze politiche dove a contare non sono più le sigle ma le personalità, da Antonio Di Pietro, a Pierferdinando Casini, da Gianfranco Fini a Nichi Vendola.

Una deriva che, a parole, la sinistra contesta perché, si dice, il «sale della Democrazia» sta nella partecipazione collettiva pur nelle diversità di opinione. Ricordo che alla fine degli anni ’80 nell’allora Pci senese dove Ceccuzzi muoveva i primi passi c’erano figure di grande spessore come Sergio Bindi, Riccardo Margheriti, Aurelio Ciacci, Emo Bonifazi. Da ognuno di loro ha appreso l’arte difficile della politica. Oggi, sembra deciso a proseguire per monologhi. Non tutti però sembrano condividere e cominciano a farsi sentire. Il dibattito, forse, prencipia solo adesso.

Ah, s'io fosse fuoco