ISOLA DEL GIGLIO – “Quella notte hanno sbagliato in molti, Schettino in primis, qualcuno avrebbe dovuto chiamare l’amministrazione comunale per chiedere un aiuto tecnico e avvisarci che sarebbero sbarcate 4mila persone”.

Così Mario Pellegrini, vicesindaco dell’Isola del Giglio ai tempi del naufragio della Concordia, ricorda oggi, a pochi giorni del decennale, la notte del 13 gennaio 2012. Pellegrini quella notte salì su una scialuppa per fare la rotta inversa dei naufraghi e per raggiungere la nave a prestare soccorso alle tante persone che erano ancora bordo.

“Ricordo tutti i naufraghi, soprattutto i bambini: piangevano ma non riuscivano a proferire parola, erano muti con quegli occhi pieni di lacrime e terrore quando la barca si è ribaltata; tutti piangevano ma nessuno riusciva a gridare, sentivano la tragedia”.

Ed il ricordo nitido di quella tragedia è affidato oggi al libro ‘La notte della Concordia’ (Rizzoli, 192 pag – 15 euro – in libreria dall’11 gennaio) con cui, per la prima volta, Pellegrini ricostruisce, assieme alla scrittrice Sabrina Grementieri, quelle ore frenetiche, trascorse nel tentativo di mettere in salvo più persone possibili, fornendo un aiuto determinante per evitare una tragedia ancora più terribile di quella avvenuta.

La figlia di Francesco Schettino sostiene che il comandante Gregorio De Falco quella sera sbagliò, lei cosa ne pensa?

“Tutti parlavano con tutti, il problema era questo – ribadisce Pellegrini -; De Falco parlava con il comandante Schettino, c’è stato un gran giro di telefonate ma quelli con cui avrebbero dovuto parlare eravamo noi. Noi abbiamo accolto 4mila persone sull’isola e non sapevamo cosa era successo e di cosa avevano bisogno quelle persone”.

Cosa è accaduto sulla nave una volta che è giunto a bordo?

“Sono entrato poco dopo le 11, ho cercato qualche ufficiale ma non l’ho trovato. C’era molta confusione e mi sono messo subito al lavoro sul ponte 3 del lato destro della nave per caricare sulle scialuppe le persone che arrivavano dal lato sinistro. Finito questo lavoro perché non c’era più nessuno, mi sono spostato sul lato sinistro ed è stato in quel momento, poco dopo la mezzanotte, che la nave ha iniziato a inclinarsi velocemente. Lì alla confusione si è sostituito il terrore, l’acqua che arrivava, l’ansia di dover uscire dai corridoi ed una volta all’esterno è venuta fuori la luce della luna piena ad illuminare i visi terrorizzati dei naufraghi rimasti a bordo. Da qui abbiamo fatto scendere centinaia e centinaia di persone, li abbiamo aiutati affinché non cadessero in mare e ci fosse un’affluenza controllata sulla biscaggina. Una volta fatta scendere anche una ragazza con la gamba fratturata sono arrivati i Vigili del Fuoco e sono sceso io. Erano quasi le 6 del mattino”.

In quelle ore ha mai visto Schettino?

“Molto probabilmente eravamo vicini sul ponte 3 del lato destro, c’erano in lontananza a poppa un gruppo di ufficiali ma non posso assicurare che tra questi ci fosse Schettino. Poi quando mi sono spostato sul lato sinistro e la nave ha iniziato a ribaltarsi sono andato verso l’interno a cercare le persone e non ho più visto quel gruppo di ufficiali. Mentre io andavo verso il lato sinistro loro scendevano”.

Come è cambiata la vita dei gigliesi da quel giorno?

“Ormai sono tornati tutti alla normalità; dopo un paio di anni che la nave è andata via sono ripresi i ritmi dell’isola”.

Cosa non è stato detto ancora in una vicenda di cui è stato raccontato tutto?

“Il libro è stato fatto per questo, raccontare e certificare come sono andate le cose e per far emergere le persone che si sono date da fare, dietro le quinte. Molte di loro sono state dimenticate dopo aver salvato le vite. Neanche un grazie. Si è parlato tanto di chi è scappato e poco di chi è rimasto dentro a quella nave”.

Si sente un eroe?

“No, sono solo orgoglioso di me stesso”.

Verso il decimo anniversario del naufragio della Costa Concordia. A Grosseto una giornata-ricordo