cinghiali_7Una riforma urgente, una gestione diretta da parte della Regione e mitigazione delle problematiche relative alle zone poste in divieto di caccia. Sono questi i tre punti da cui la Toscana riparte per provare a risolvere l’emergenza ungulati. «Il problema del sovrappopolamento di ungulati, in particolare di caprioli e cinghiali, in Toscana è molto sentito e in alcune zone particolarmente rilevante». Così l’assessore all’ambiente Marco Remaschi intervenendo questa mattina nel corso del Consiglio regionale. «Sono stimati (su tutto il territorio regionale) circa 200 mila caprioli, altrettanti cinghiali, 8.000 daini e 4.000 cervi, praticamente siamo la regione europea con la massima presenza di questa specie. – ha aggiunto l’assessore Remaschi – Ciò è dovuto anche alla particolare conformazione del territorio coperto da boschi e foreste per il 60%, nonché dalla qualità ambientale particolarmente favorevole per la fauna e in particolare per gli ungulati. Certamente, numeri così elevati costituiscono un serio rischio per il mantenimento dell’equilibrio naturale del territorio, una vera criticità per la biodiversità con pericolo di conservazione di specie vegetali e animali, alcune anche particolarmente protette. Inoltre, pongono problemi di gestione, vista la loro capacità di causare danni alle coltivazioni e incidenti stradali, questi ultimi in costante aumento».

400mila cinghiali che causano il 60% dei danni «Occorre essere consapevoli del fatto che il fenomeno degli ungulati, presente in tutti i Paesi europei, in Italia risente negativamente di un normativa nazionale, la legge 157/1992 che, pur valida sotto molti aspetti, non considera adeguatamente questa tipologia di fauna in quanto all’epoca poco diffusa e di scarso interesse venatorio per cui ne consente un prelievo limitato nel numero per alcune specie e nei tempi per altre. Per quanto riguarda la specie cinghiale si ritiene che la stima sia almeno equivalente al doppio degli abbattimenti del periodo, quindi circa 200 mila capi. Quindi il carico di ungulati, stimato per difetto, ammonta a oltre 400 mila capi.  Negli ultimi anni i danni causati da cinghiale hanno rappresentato circa il 60% dei danni totali, mentre i danni da ungulati in genere rappresentano ben l’88% dei danni totali liquidati. Un intervento normativo a livello nazionale potrebbe veramente dare risposte ai tanti problemi determinati dalla suddetta situazione faunistica e di conseguenza sanare il conflitto con l’agricoltura».

In Toscana densità record relativamente al numero di ungulati ogni km quadrato «E’ intenzione della Regione Toscana intervenire subito per una gestione faunistico-venatoria che tuteli concretamente l’agricoltura e l’equilibrio ambientale del territorio – ha sottolineato ancora l’assessore Remaschi – Questo perché, oltre ai numeri assoluti, in Toscana abbiamo anche una densità record relativamente al numero di ungulati ogni chilometro quadrato, che ne fanno la regione europea con il maggior numero di ungulati, inferiore solo ad alcune zone dell’Austria.  In molti casi la perdita di prodotto causa all’azienda agricola anche una perdita di mercato, in quanto non e’ in grado di far fronte alle richieste, data la minore produzione ottenuta, non solo in quell’annata ma anche nelle successive. A quel punto a poco valgono gli indennizzi, che si riferiscono alla sola perdita di quel momento, per questi motivi è auspicabile superare il modello del ristoro dei danni subiti, per passare ad un virtuoso anche se complesso modello di prevenzione del danno.  Sono, inoltre, sempre più frequenti le collisioni con veicoli, talvolta purtroppo con gravi conseguenze, come si evince dalle statistiche e come nuovamente si è verificato in modo tragico nei giorni scorsi».

Le aree di intervento Nei propositi della Regione la volontà di attuare una riforma urgente della normativa regionale e dei regolamenti venatori, fondata sull’attuazione di una efficace politica di contenimento degli ungulati, con una serie di misure da sottoporre ai seguenti passaggi, per condividerle e renderle una sorta di modello a livello nazionale mediante: l’attivazione di un nuovo rapporto con Ispra, improntato sulla massima collaborazione fra istituzioni; la richiesta di discussione dell’argomento in conferenza Stato/Regioni; riunioni apposite con ministero dell’Ambiente e Mipaf. Gestione diretta da parte della Regione mediante: la revisione della dislocazione delle aree vocate e non vocate alla presenza del cinghiale, nel prossimo piano faunistico venatorio regionale da gestire secondo le linee guida per la gestione degli ungulati redatte da Ispra; revisione delle zone problematiche per le quali andranno individuate modalità gestionali che, pur seguendo le linee guida Ispra, possano prevedere, a seconda delle densità e dei livelli di rischio, ulteriori modalità di prelievo; controllo della fauna mediante l’attivazione dell’art. 37 della legge regionale 3/94, anche in assenza del danno conclamato, su richiesta dell’agricoltore nel momento in cui ritenga, date le presenze degli ungulati, che le sue coltivazioni siano a rischio; intervento diretto anche tramite l’applicazione dei poteri sostitutivi consentiti alla normativa. Mitigazione delle problematiche relative alle zone poste in divieto di caccia, nelle aree protette di competenza regionale/provinciale dovrà essere prevista una metodologia di contenimento dei capi in esubero, per uniformare l’intervento su tutto il territorio regionale, che dovrà essere gestito in maniera complessiva, senza lasciare zone dove le specie possano proliferare indisturbate.  A margine di questo intervento normativo, saraà anche tenuta presente la gestione delle carni di ungulati, per le quali si rende a questo punto opportuna la creazione di una filiera (con eventuale Dop regionale) per le commercializzazioni di una parte almeno delle carni di selvatici, molto richieste dal mercato, pur riservando una quota ad azioni di beneficenza.