Allora, la prima cosa che mi viene in mente, è che se attraversate una fase di (sacrosanta) depressione sulle sorti presenti e future del nostro paese, allora “Viaggio al centro della provincia” di Franco Marcoaldi è un buon antidoto: e non perché ci spacci sogni e illusioni quanto basta, no. Solo che è capace di farci guardare oltre le miserie della cronaca,oltre quello che comunque vediamo o ci fanno vedere di solito.
Ci sono diversi altri motivi per leggere “Viaggio al centro della provincia”.
In primo luogo, il suo autore non è un giornalista che intende raccontarci un'”altra” Italia, l’Italia che noi non vediamo, e nemmeno un viaggiatore di professione, per così dire. Franco Marcoaldi è semmai un poeta-reporter, con il suo sguardo curioso e incuriosito, che da subito diventa anche il nostro sguardo.
In secondo luogo, per raccontare un paese intero Marcoaldi si allontana dal centro e ci porta nella provincia, restituendole di per se stesso dignità. Provincia che va declinata al plurale, in tutte le sue differenze, nel bene e nel male. E che sia già possibile parlare al plurale è una buona notizia, no?
In terzo luogo, in questo giro di Italia da Belluno a Barletta, da Benevento a Carrara, da Enna a Vercelli, c’è tutta la bellezza del grande viaggio, del viaggio vero. E Marcoaldi lo spiega benissimo:
Se la parola viaggio è sinonimo di sorpresa e spaesamento, allora quello nelle province italiane è un viaggio a tutti gli effetti. Ben più di quanto spesso non accada con emte considerate, a pieno titolo, esotiche.
Dedicato a chi la parola viaggio procura allergie, se come minimo non si riferisce al Nepal.
In quarto luogo, senza cercare effetti speciali, Marcoaldi ha scavato e ha portato alla superficie un paese autentico, il cui cuore sfugge a governanti e ad addetti ai lavori:
Con umiltà e continuo senso di stupore, ho messo l’orecchio a terra nella speranza di raccogliere il ritmo di quel battito.
C’è riuscito, e non è un caso che il nume tutelare di questa impresa sia stato il Piovene di Viaggio in Italia, 50 anni più tardi.
Richiudo questo libro e mi pare un faro che con la sua luce illumina una porzione di buio. Poi ciò che era in luce viene restituito all’oscurità. Però rimane la speranza che il giro si completi, che un’altra volta ancora si faccia luce.