Da alcune settimane, in tutta Italia, è letteralmente un fiorire di bandi, gare ed avvisi pubblici per progetti di promozione turistica o di marketing territoriale.
Dalla Toscana alla Calabria, dalla Lombardia alla Sardegna, è uno spettacolo vedere comuni, province, distretti turistici, Gal (per chi non frequenta le burocrazie italiane, la sigla sta per Gruppi di azione locale) impegnati a sviluppare siti internet, portali turistici, progetti di destinazione, video e gallerie fotografiche, rilevazioni di sentieri ed itinerari culturali.
Una vitalità che, personalmente, apprezzo, e che dimostra quanto il nostro Paese – nonostante tutti i problemi di promozione e di accoglienza che ben conosciamo – abbia voglia di valorizzare le proprie bellezze in chiave turistica, molto spesso con particolare e giusta attenzione per un prodotto che favorisca una fruizione lenta, meditata ed approfondita del proprio territorio, privilegiando ad esempio la mobilità dolce, la sostenibilità ambientale, la ricaduta economica per agricoltura ed artigianato locale.
Una grande varietà di idee, ma (salvo poche eccezioni) una costante implacabile: i soldi messi a disposizione per questi progetti vanno da un quinto ad un terzo di quelli oggettivamente necessari per fare il lavoro che viene richiesto.
Se per realizzare un progetto di destinazione territoriale che funziona, cioè, servono 100 mila euro, ecco che inesorabilmente il bando parte da 30 o 40 mila, e con possibilità di ribasso, naturalmente. Senza voler qui parlare dei casi, talvolta surreali, in cui l’impegno finanziario da parte dell’ente pubblico è dichiaratamente nullo (proprio così: “zero euro”), non posso che ribadire cosa ne penso: mettere così pochi soldi, rispetto a quelli effettivamente necessari per fare un determinato lavoro, non è risparmiare ma sprecare ancora di più, anzi prendere le banconote e buttarle direttamente nel cesso.
Perché, non è vero che è meglio di niente. No, è l’esatto contrario: significa spendere i soldi in servizi e prodotti che saranno sicuramente scadenti e dunque abbasseranno la capacità attrattiva e la qualità dell’accoglienza di un territorio.
Sarebbe molto meglio, per le amministrazioni e le collettività, destinare quei soldi ad un’altra cosa, oppure farne bene una, invece di farne male due o tre.
Ma questo – lo so e me lo dico da solo – è un ragionar da tecnico del turismo, che non ha interessi elettorali o di basso consenso, per cui quelle decine di migliaia di euro che a me sembrano sprecate, sono invece utilissime a “dare da mangiare” a qualche amico influente o a qualche greppia elettorale.
Del resto, Jean-Claude Juncker, politico lussemburghese di lunghissimo corso ed attuale presidente della Commissione europea, sostiene che è impossibile risolvere i problemi di un paese e, nello stesso tempo, vincere le elezioni.