Una strana idea della modernità politica s’aggira in una certa Sinistra italiana, molto presente dentro il Pd. Una Sinistra che aspira alla modernità, che molto spesso espira fumo, e che a volte sembra voler espiare il peccato originale di essere sinistra in un Paese moderato e conservatore.
L’idea che circola è che quando si tratta di impresa e imprenditori è giusto parlare di “interessi” e della loro rappresentanza, ma se si tratta di lavoro e lavoratori si deve parlare di “valori” e del loro rispetto.
Dove per lavoro leggasi non solo quello dipendente, ma anche il lavoro indipendente, le finte partite Iva, e l’artigiano, nonché la piccola imprenditoria diffusa, quella che certa Sinistra usa spesso come scudo umano, cioè per dimostrare che rivendicazione sindacale significa colpire la fabbrica modello a conduzione familiare dove proprietari e dipendenti condividono lo stesso destino. Come se ciò che accade nel piccolo capannone equivalga, per dinamiche tra datore di lavoro e lavoratore, a quello che accade nelle catene di montaggio delle multinazionali con sede nei palazzi di Detroit (ogni riferimento è voluto), o nel calore infernale di un’acciaieria.
Mentre per impresa leggasi quella macro, quella in grande scala, insomma quella che fa global mica local.
L’idea che per dirsi moderna e togliersi di dosso la polvere del sindacalismo e dell’operaismo, la Sinistra quando si occupa di imprenditori non deve avere più pudori a rappresentare i loro “interessi” e a chiamarli appunto con il loro nome, dimostrando maturità, e comprendendo finalmente che il profitto non è sfruttamento del lavoro o, se è sinistra cattolica, che il denaro non è lo sterco del diavolo.
Ma che quando si occupa di lavoratori deve invece concentrarsi sui valori e sugli ideali, perché se ci sono di mezzo i lavoratori curare gli interessi – più denaro, più diritti, più tempo libero, più tutele – equivale a porre un freno al futuro del Paese.
La vedi questa nuova Sinistra, quando va in visita nelle fabbriche, con lo sguardo sul “chi va là” mentre passa accanto agli operai, ma rilassata e serena una volta giunta agli uffici direzionali.
Una sorta di nuova via per la Sinistra italiana del XXI secolo, che va oltre la “terza” di Blair: potremmo definirla la “Quarta Via”, che poi se la ascolti bene è già fuori giri e chiama la quinta.
La Sinistra della Quarta Via riconosce come sia giusto che le grandi imprese ritengano che il futuro del Paese passi dal fare profitti (il loro compito per carità): fare soldi non è più un peccato capitale agli occhi della Sinistra Moderna in Italia.
Semmai essa riconosce già un filo di peccato nel fatto che i lavoratori parlino di denaro. Un peccato ancora veniale, perché la pedagogia della Quarta Via ancora deve avere tempo per diffondersi. Della serie «bada bada piccoli ‘landini’… ci vuole contegno e soprattutto contenimento salariale!»
Perché i lavoratori si convinceranno che il futuro sta nel loro rinunciare a diritti ormai vetusti, sconfitti dalla storia e dalla globalizzazione, da superare in nome del bene collettivo e soprattutto della competitività delle imprese globali. C’è una sfida da vincere, c’è un mercato mondiale che morde, che non perdona, mica ci si può distrarre con sterili questioni quali salari e orari di lavoro!
La Sinistra della Quarta Via professa che quando si parla di lavoratori gli interessi rappresentino la conservazione, la difesa da codini dello status quo. L’interesse dei lavoratori ad avere più diritti, salari più alti, più sicurezza, più tutele, più rappresentanza sindacale, fa troppo soviet, fa socialismo reale, e cozza con la linea di una Sinistra che vuole porsi all’altezza delle sfide dei tempi.
Per la Sinistra Moderna italiana i lavoratori devono comprendere che gli interessi individuali (quasi esclusivamente i loro però) devono venire dopo il bene pubblico, essere messi da parte per un fine più alto. Il lavoratore non deve chiedere più benessere per se stesso, perché è egoismo sociale nel peggiore dei casi, o provincialismo di chi non sa stare dentro il proprio tempo storico nel migliore.
Il lavoratore deve vivere di valori, non non di interessi. Gli interessi si lascino fare ad altre classi e altri ceti sociali, che tra l’altro sono anche più avvezzi. Ad ognuno il suo.
Stakanov, ecco un simbolo della tradizione da portare lungo la “Quarta Via”. Si faranno le magliette con l’effige di Staky nella nuova era.
Basta con i simulacri di un mondo che fu, quali il diritto allo sciopero o il contratto collettivo.
Ma basta anche con la Responsabiltà Sociale d’Impresa e con le “olivettate” varie, roba ormai da “Correva l’anno” e fotogrammi di una tv in bianco e nero, cose per tempi dilatati. Oggi la competizione nel mercato globale è fulminea, corre sulla rete, è finanziaria e informatica, e il lavoratore deve diligentemente svolgere il proprio ruolo di unità minima, di cluster, in un sistema di cui non vede nemmeno i confini.
Sono la responsabilità, i sacrifici, la disponibilità, la produttività, l’efficenza, i valori, e ripeto i Valori mettendoci la maiuscola, di cui i lavoratori devono cibarsi ogni giorno. E la Sinistra moderna è lì per impartire questa lezione.
Che poi suona anche bene se lo scrivi: la Sinistra Moderna difende gli interessi dell’impresa e il valore del lavoro!
Meno bene magari, e rischia anche di insospettire leggermente il lavoratore, se sviluppi un po’ il concetto: la Sinistra difende gli interessi degli imprenditori e i valori dei lavoratori.
Ma la Sinistra Moderna vuole un lavoratore evoluto, che comprenda che non c’è più bisogno di lottare, di contrattare, di sindacare, perche oggi ci sono i Marchionne. E i Marchionne certo sono li per fare gli interessi dei padroni delle aziende per la quale lavorano, questo è vero.
Ma non dimenticano mai, mai!, di difendere i valori dei loro operai, alla bisogna anche a scapito degli interessi degli operai stessi.
p.s: ah già gli operai non esistono più e nemmeno i padroni. Menomale che almeno c’è la Sinistra Moderna.