acqua_termaleLa riapertura delle terme di Gambassi, nel tratto della Via Francigena compreso fra San Miniato e San Gimignano, riporta di attualità il paradosso in cui si trova questo settore: cresce l’attenzione e la richiesta verso le medicine naturali e verso un approccio olistico alla propria salute, ma proprio coloro che da secoli lo fanno – grazie alle molteplici qualità delle acque termali – non riescono ad attirare questi nuovi clienti.

Il problema è serio, se è vero che anche la realtà più forte e dinamica a livello nazionale, quella del distretto Abano Terme-Montegrotto, in Veneto, ha sentito l’esigenza di studiare una nuova strategia di marchio e di prodotto, consapevole che il mercato è saturo, puntare solo sul prezzo è già una sconfitta, non ci sono sostanziali differenze fra le varie offerte e non si riesce ad uscire dai due binari della clientela tradizionale: chi va alle terme per fare il ciclo di cure da 12 giorni e chi va per il fine settimana (una o due notti, non di più) dedicato al relax ed al benessere.

Uno dei punti deboli, secondo me, è quello del rapporto con il Servizio sanitario nazionale, che da un lato continua a rimborsare le cure termali, e quindi costituisce una fonte di entrata irrinunciabile per aziende spesso in difficoltà (ultimo caso quello di Bormio, che ha deciso di aumentare i prezzi e ridurre gli orari di apertura), ma dall’altro lato non fa nulla per promuovere il benessere termale, per cui pochissimi sanno di aver diritto ad un ciclo di cure termali gratuito all’anno e i medici prescrivono poche cure termali, un po’ perché non le conoscono bene, non sono incentivati e perché incidono pesantemente sul budget a loro disposizione.

Per riprendere la frase di Karl Marx, ci troviamo di fronte al classico caso del “morto che acchiappa il vivo”, nel senso che il Servizio sanitario in qualche modo “costringe” gli stabilimenti termali ad insistere sulle cure tradizionali, che sono quelle convenzionate e rimborsate, ma senza crederci davvero, e questo va poi a frenare lo sviluppo di nuovi servizi appunto più in linea con quelle che sono le richieste e le esigenze del pubblico attento alla medicina naturale. Inevitabilmente attratto invece dai centri benessere che sorgono un po’ ovunque, e sono più dinamici anche se non dispongono dell’acqua termale.

Il tema è ancora più centrale per una regione come la Toscana, che ha oltre venti centri termali e che dovrebbe trovare la forza per fare una politica sul termalismo che sappia distinguere la situazione dei due “giganti” del settore – Chianciano e Montecatini – da quella degli stabilimenti più piccoli, i quali hanno caratteristiche differenti e richiedono quindi risposte più aderenti alla loro realtà.