Come perdere voti e vincere le elezioni. Potrebbe essere la sintesi delle elezioni regionali 2015. Per analizzare il voto di casa nostra – in cui spiccano, stando ai numeri, le 15.259 preferenze di Stefano Scaramelli capolista del Pd – prima bisogna partire dal trend nazionale e toscano. È l’Istituto Carlo Cattaneo che offre una lettura interessante sulle elezioni regionali del 5-2 per il Pd di Matteo Renzi, che in un anno ha perso oltre due milioni di voti rispetto alle elezioni europee del 2014,(- 2.143.003), quelle del trionfo di Renzi. Ma la riduzione è significativa anche rispetto al 2013 (-1.083.557), quelle perse dalla “Ditta” di Pierluigi Bersani. In termini percentuali questo spostamento in valori assoluti si traduce in una contrazione del 50,2% rispetto alle scorse elezioni europee del maggio 2014 e del 33,8% rispetto alle consultazioni politiche del 2013.

A dare una dimensione del tutto opposta a questi dati numerici, trasformando un’emorragia di voti in un successo elettorale, è, dunque, l’incidenza dell’astensionismo. Il crollo dell’affluenza ha nascosto il crollo dei voti. E vale anche per le altre forze politiche.

Sempre secondo l’analisi dell’Istituto Cattaneo, il Movimento 5 stelle (M5s) ha ridotto i propri consensi di circa il 60% rispetto all’exploit delle politiche del 2013, ma anche rispetto alle Europee del 2014 (-40,4%). In valore assoluto questa variazione si traduce in una contrazione di voti pari a (-1.956.613) rispetto alle politiche e -893.541 rispetto alle europee. Forza Italia ha complessivamente perso il 46,9% rispetto alle europee del 2014 e oltre i due terzi dei consensi avuti alle politiche del 2013 (-67,0%): “In termini assoluti – sottolineano i ricercatori del Cattaneo – si tratta di valori eccezionali, posto che Forza Italia ha perso quasi 2 milioni di voti sul 2013 (-1.929.827) e quasi 1 milione rispetto al 2014 (-840.148)”. La Lega Nord è l’unico grande partito che vince davvero. Il partito guidato da Matteo Salvini ha ricevuto un numero di consensi pari a oltre il doppio di quelli delle elezioni politiche del 2013 (+109,4%) (+402.584). Rispetto alle Europee del 2014 la crescita è del 50% pari a oltre duecentomila unità (+256.803).

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Matteo Orfini e Matteo Renzi se la giocano alla Playstation

In Toscana la contrazione di voti del Pd è pari a -42,6% rispetto alle elezioni del 2014: dalle Europee 2014 alle regionali 2015 i votanti toscani sono passati da 1.972.406 a 1.441.510, con una perdita secca in dodici mesi di 530.896 elettori che non si sono presentati alla cabina elettorale. Nello stesso periodo Il Partito Democratico passa da 1.069.179 voti agli attuali 614.406: 454.773 elettori che avevano barrato nel 2014 il simbolo del PD non hanno riconfermato la loro fiducia nel Partito.

Siccome in democrazia, come è giusto, conta chi vota e non chi non va a votare, allora il quadro numerico sopra descritto non ha alcuna incidenza politica. Ma ignorarlo in sede di analisi non pare scelta oculata. Soprattutto da parte di Renzi che da Premier può anche giocare alla playstation con Orfini felice del 5-2, ma da segretario del Pd forse non può ignorare né le cifre sopra descritte, né l’impatto negativo di certe scelte, Lady “Like”-Moretti in primo luogo – quella della frase «Noi politiche dallo stile Ladylike: brave, intelligenti e belle» (leggi) – a cui Luca Zaia in Veneto ha fatto pelo e contropelo.

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Simone Bezzini e Susanna Cenni

Il voto a Siena dice altre cose, forse più interessanti, partendo dal Pd: c’è stato un tifone-Scaramelli, viste le oltre 15mila preferenze. Ora è lui ad avere la responsabilità di quel rinnovamento che i senesi avevano assegnato a Valentini, senza risposte. E Simone Bezzini ha retto con 7.606 consensi, sostenuto dall’onorevole Susanna Cenni, leader dei cuperliani in provincia. Non ascoltato invece, l’altro parlamentare Luigi Dallai, che alla vigilia delle elezioni, aveva annunciato il voto sostanzialmente per tutti, meno che per Scaramelli. Il quale ha subito lanciato un’offensiva contro il suo partito, il segretario Guicciardini in particolare, ma anche contro l’asse ValentiniGuicciardiniDallai: “Io non sono uno che fa rese dei conti – ha detto Scaramelli, – ma hanno scaricato contro di me negli ultimi giorni una macchina del fango incredibile. Hanno detto cose false e assurde, hanno delegittimato me, ma non stavano capendo che era la loro fine. Io credo che adesso devono comprendere l’errore che hanno commesso”. Da qui la richiesta di rimescolare le carte entro la settimana, nell’Esecutivo provinciale. Ma il segretario dell’Unione Comunale ha subito ricordato al capolista vincitore: “la pari investitura cittadina a consiglieri regionali per Scaramelli e Bezzini”. Come dire: “Scaramelli in città hai preso 1800 preferenze, Bezzini 1500”. E così continuerà la trama del Pd litigherello, che però fa bene ai fini elettorali. Perché i candidati corrono e si sbattezzano per raccattare voti. Lo fanno per sé, e di conseguenza anche per il partito. Finchè loro litigano, il Pd vince.

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Scaramelli, Renzi e Bettollini

Fatta la tara dell’astensionismo anche in sede locale – a Siena il 50,47% degli aventi diritto, ha deciso di non votare – il Pd in provincia ha preso il 54,2% (miglior risultato in Toscana) e in città il 44,32%. In fondo, che importa, se il rinnovamento ci sia stato o sia solo una foglia di fico su equilibri consolidati da decenni. Anche se a Siena il Pd non è autosufficiente. Visto che il ballottaggio dei sindaci resta al 50% non è detto che ci siano in futuro compagni di strada sempre pronti a fare da stampelle in cambio di una poltrona di assessore. A Siena Cambia la dirigenza cittadina del Pd continua a preferire Marzucchi e la riedizione di Siena Futura. Socialisti e Riformisti accetteranno ancora la dipendenza dal Pd? Replicheranno nel Pd cittadino : quando ce ne sarà bisogno, il 5% per cento in coalizione con qualcuno lo si trova.

E visto il clima, con cognizione di causa. Alle ultime amministrative il Pd aveva preso 6.483 voti. Stavolta 8.742. Certo c’è da mettere nel conto che gran parte dei 2.534 elettori che alle amministrative votarono Siena Cambia, stavolta abbiano votato Scaramelli e solo di conseguenza il Pd. Ma alla terza tornata elettorale dopo la deflagrazione dello scandalo-Monte, c’è comunque da prendere atto che lo sfascio della città, in cui il Pd ha certamente le maggiori responsabilità politiche, non si è tradotto in una punizione elettorale da parte dei senesi.

Dovrebbero elaborare questa considerazione soprattutto gli oppositori del Pd. Non serve e non basta il rinfaccio del passato e neppure le accuse a Ceccuzzi e Monaci di star sempre a menare le danze. Non interessa a nessuno; non interessa agli elettori senesi, che il consenso, in larga maggioranza, lo assegnano ancora al Pd. Per riconoscenza di favori clientelari? Non è possibile che sia così per tutti. E comunque non è questo che dovrebbero valutare gli oppositori: semmai meditare su come non siano riusciti a diventare politicamente credibili a Siena, città innegabilmente allo sfascio, ma che resta in mano a chi ha la responsabilità politica dello sfascio.

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Francesco Giusti, Matteo Salvini e Claudio Borghi davanti alla sede Mps

Vero che i Cinque Stelle avanzano di 500 voti sulle amministrative del 2013 (bello il risultato di Luca Furiozzi con 2.893 preferenze, faccia nuova subito credibile). Ma certo il risultato più eclatante è quello della Lega, che con il 17,73% diventa il secondo partito in città. 3.498 i voti della Lega: erano 331 alle politiche del 2013 e 664 alle europee 2014. Dunque, è ora la Lega il perno dell’opposizione a Siena. E darà le carte anche a settembre, se dovessero davvero svolgersi le primarie degli oppositori richieste da Eugenio Neri. Oggi un eventuale candidato pronto per combattere contro il Pd alle prossime amministrative, passando da quelle primarie, dovrebbe prima di tutto fare i conti con il 17,73% della Lega, che certamente non accetterà ruoli da comprimaria.

Tornando al Pd, si è dimessa Francesca Bianchi, che era presidente dell’Assemblea regionale del Pd. Se ne è andata con dignità. Renzi dovrebbe leggerla la sua lettera, ma anche Scaramelli a Siena. Scrive fra l’altro questa donna, che qualche compagnuccio di partito aveva criticato perché rea di aver messo una foto in bikini al mare con i suoi bambini: “…la violenza verbale e il disprezzo sostanziale che viene riservato a chi espone una visione diversa e chiede discussione reale nel merito delle questioni, e considerate le modalità con cui troppi membri della minoranza stessa finiscono per interpretare il proprio ruolo, chinando la testa pur di restare a galla e mostrando frequenti atteggiamenti cerchiobottisti e opportunisti di cui siamo stati costantemente spettatori inermi”. È proprio vero. Come nella vita, a volte c’è più amore in chi se ne va, che in chi resta.