La pasta di phyllo (si scrive anche fillo, ma fa poco chic!) somiglia a Piombino. Sì, proprio la città che é acciaio e sudore, quella che solo a sentirla nominare ti fa venire in mente il calore degli altiforni e il cozzare del metallo contro il mondo. Una città che si dà facilmente per scontata e dove ci si immagina turisti solo perché c’è il porto per imbarcarsi verso mete gettonatissime come le isole dell’arcipelago toscano. E invece, se si ha la pazienza, o l’ardire, di visitare il centro vecchio, si scopre che Piombino è anche bella, caratteristica, a suo modo affascinante con quella “faccia” tesa verso il mare, certe stradine strette e piene di locali simpatici dove si mangia bene. Una sorpresa, insomma, che si scopre a patto di andare oltre il pensiero e i luoghi comuni.
Proprio come succede con la pasta di phyllo. Alzi la mano chi non ha mai mangiato un involtino primavera al ristorante cinese, thai, fusion o dove altro volete. Ecco, la pasta di phyllo degli involtini primavera è come la Piombino delle acciaierie: un sapore che ti aspetti, qualcosa che giá conosci e credi non possa darti niente di indimenticabile. E poi una sera capita che vai a cena in uno di quei localini di Piombino vecchia dove ti servono un aperitivo insolito, accattivante: fagottini ripieni che sembrano caramelle incartate, con tanto di nastrino verde (un filo di erba cipollina) attorno al cartoccino di pasta dorata. Ne metti in bocca uno e… sorpresa! La pasta è sottile e croccante, delicata ma decisa, uno scrigno che esalta il sapore della crema di crostacei all’interno.
La pasta di phyllo. La Piombino che non ti aspetti. A cena finita, il ricordo delle caramelle ti accompagna a casa e allora vai a guardare sui ricettari come sia possibile che quella pasta che hai sempre considerato poco, che credevi di conoscere e ritenevi ordinaria, possa essere così buona. Può, eccome. Sfogliando il ricettario di Epicurious ho trovato circa duecento modi per utilizzare la pasta di phyllo e, a guardare le foto e scorrere le ricette, sembravano uno più buono dell’altro. Antipasti, dolcetti, tartine, strudel, involtini, frittelle, ciambelline, stuzzichini e piatti da portata. La pasta di phyllo si trasforma a seconda del bisogno ed è versatile oltre l’immaginabile. Una felice sorpresa. Come il centro vecchio di Piombino.
La ricetta A rifare le famose “caramelle” non ci ho nemmeno pensato, troppo difficile. Sfogliando il ricettario, però, ho trovato che la pasta di phyllo viene spesso usata per deliziosi canestrini in cui poi si mette un ripieno a piacere, dalla macedonia alle creme dolci e salate, alle mousse. Avevo del caprino fresco e un ottimo miele di acacia e quindi la scelta era quasi obbligata. Prendete un foglio di pasta phyllo (si può fare in casa oppure comprare già pronta al supermercato o nei negozi che vendono prodotti alimentari orientali) e ricavatene 4 quadrati, spennellateli leggermente di burro fuso, foderate lasciando che i bordi ricadano all’esterno quattro stampini da muffin e ripetete l’operazione con un altro foglio di pasta sempre diviso in 4 quadrati che sovrapporrete ai precedenti, avendo cura di non far coincidere i bordi, così da formare una specie di “fiore”. Mettete in forno a 180 gradi per 5 o 6 minuti, finché i bordi della pasta non diventano dorati. Tirate fuori dal forno e lasciate raffreddare, togliete i canestrini dagli stampini facendo attenzione a non rompere i bordi, riempite col caprino montato a crema e guarnite con il miele versato a filo e una foglia di mentuccia o una piccola fragola.