Possiamo dirlo con certezza: Papa Francesco non è un Pontefice modernista. Ma spicca in lui un tentativo di sintesi tra una rigida visione conservatrice (talvolta sterile), e un ultra modernismo, (fino a coloro che sfiorano il protestatesimo). Papa Francesco sabato 7 marzo ha fatto visita alla parrocchia di Ognissanti, in via Appia Nuova, nella ricorrenza del cinquantesimo della prima Messa celebrata in lingua italiana da Papa Paolo VI. Con quella Messa, fu dato inizio alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II.
Francesco è stato molto sobrio, e la sua voce era molto pacata, quasi debole. Le aspettative di chi si sarebbe aspettato plausi alle “innovazioni” del Post-Concilio, sono andate decisamente a ramengo.
«Dio non gradisce un culto esteriore fatto di sacrifici materiali e basato sull’interesse personale», ha detto nell’omelia, richiamando al «culto autentico, alla corrispondenza tra liturgia e vita». Queste parole risaltano l’autenticità del ruolo della liturgia nella vita del Cattolico: la Santa Messa è il centro, è il Memoriale vivo della Passione del Cristo. Non è uno show, non è un qualcosa di “assemblabile” a piacimento, non è una conferenza. La Santa Messa è quanto di più sacro abbiamo, e Francesco, pur concentrato maggiormente sui problemi sociali, sembra chiaramente intento non solo a non discostarsi dai predecessori, ma anche, con una certa austerità, a far capire che è Cristo, non il sacerdote, il protagonista dell’evento liturgico. «Il culto liturgico non è anzitutto una dottrina da comprendere o un rito da compiere ma è essenzialmente una sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede».
E così sarà da ritenere anche l’imminente Anno Giubilare, pensando alla Festa della Divina Misericordia voluta da Giovanni Paolo II – un evento anzitutto spirituale, perchè è nell’intimo che avviene l’Incontro con la I maiuscola.
Credo che il Papa emerito, alla sua televisione, abbia assistito contento.