Cinquantatre capolavori in mostra. Olii di sorprendente bellezza, arazzi coloratissimi ma anche terrecotte, bronzi, disegni tra cui l’enorme Senza titolo del 1974, Personaggio e uccello del 1976, gli arazzi La lucertola dalle piume d’oro, la scultura L’uccello si nasconde tra le dita in fiore del 1969 e il Progetto per un monumento del 1972. E’ in corso fino al 6 aprile, alle Fruttiere di Palazzo Te di Mantova, la mostra “Miró. L’impulso creativo” realizzata in collaborazione con la Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca e curata da Elvira Cámara López, direttore della Fondazione. La mostra, promossa e organizzata dal Comune di Mantova, è stata pensata e costruita per gli ampi spazi di Palazzo Te che ospitano le opere del maestro del maestro catalano.

La mostra – L’esposizione si propone di fornire diverse chiavi di lettura dell’opera di Joan Miró per aiutare il pubblico a comprendere meglio la passione, la forza interiore e il desiderio che accompagnarono il maestro catalano durante tutto il suo percorso artistico: non quindi una retrospettiva ma un vero e proprio viaggio in compagnia di uno degli artisti che maggiormente ha lasciato un segno indelebile nell’arte del Novecento. L’iconografia di Miró è composta da un numero ridotto di temi e motivi ricorrenti come la donna, gli uccelli, le costellazioni, la testa che l’artista ha saputo trasformare in una varietà di forme e rappresentazioni sempre diverse e sempre in divenire, componendo un repertorio in continua trasformazione.

Cinque sezioni – Il visitatore, attraverso le 5 sezioni di cui è composta la mostra – Il gesto, La forza del nero, Il trattamento dei fondi, L’eloquenza della semplicità e La sperimentazione con i materiali – potrà percepire la forza, il bisogno di ricerca e rinnovamento, nonché l’assenza di vincoli che rappresentano il fil rouge del processo creativo e realizzativo di Miró. Lungo il percorso di visita sono stati, inoltre, ricostruiti i due atelier in cui, a Maiorca, Miró realizzò le sue creazioni: il primo, lo studio Sert, l’ampio salone illuminato di luce naturale in cui, il maestro catalano, circondato da cavalletti, tele di tutte le dimensioni e stadi di avanzamento del lavoro, oggetti di uso quotidiano, terrecotte, piccoli ninnoli, ritagli di giornale appesi alle pareti e dalla natura, creava le sue tele senza eguali; il secondo, è lo studio Son Boter, uno spazio più spartano e raccolto, voluto fortemente da Miró per continuare la propria ricerca creativa e la sperimentazione di materiali. E’ questo un atelier dedicato soprattutto alla scultura e alla realizzazione delle tele di grande formato. La sua particolarità sono i numerosi graffiti lasciati dall’artista sulle pareti degli ambienti: una testimonianza diretta del modo di assemblare elementi diversi e di farli divenire il proprio “punto di partenza”.

Il gesto – Questa sezione illustra la gestualità nel dipingere di Miró e il progressivo inserimento, nelle sue opere di segni, grafismi, sgocciolamenti e versamenti di pittura. Dipingere con le mani o i piedi, stendere le opere per terra, utilizzare direttamente le dita come pennelli: tutti gesti che avvicinano sempre di più Miró alla materia. Nelle opere di questa sezione risulta evidente il contatto del maestro catalano con l’Espressionismo Astratto americano e con Jackson Pollock ma anche quello con la cultura orientale e giapponese fatta di suggestioni e armonia: la spontaneità del tratto, gli schizzi, il dripping e l’espressività del gesto diventeranno elementi sostanziali della sua opera.

La forza del nero – Nonostante l’opera di Joan Miró venga fondamentalmente associata ai colori primari blu, rosso e giallo, il colore nero, fulcro di questa sezione, ha gradualmente preso possesso della tavolozza dell’artista. Il contatto di Miró con la cultura giapponese influì notevolmente non solo sull’aspetto gestuale, ma anche sulla sua particolare percezione e valorizzazione del nero. L’artista impiega questo colore per tracciare le linee sottili e schematiche con cui contorna le forme che popolano il suo universo iconografico, ma anche per riempire gli interstizi che rimangono tra le forme stesse.

Il trattamento dei fondi – L’insaziabile curiosità di Joan Miró lo portò a sperimentare tutti gli ambiti che
avevano a che fare con il suo processo creativo. I fondi sono per Miró un autentico campo di battaglia, su cui testare tutte le opportunità che la sua immaginazione gli suggerisce: per preparare le tele impiega prodotti tradizionali, ma anche la benzina, acqua sporca, succhi di fiori o qualunque altro liquido possa servire ai suoi scopi. Le opere presenti in questa sezione hanno come fondo materiali poco convenzionali come la carta vetrata e il cartone ondulato le cui superfici irregolari e imperfette fornivano un perfetto campo di sperimentazione.

L’eloquenza della semplicità – Joan Miró fu un uomo semplice, austero e metodico che cercava e sapeva apprezzare le piccole cose quotidiane. Le opere in questa sezione della mostra raccontano la rarefazione cromatica e formale dell’espressione artistica a cui riuscì ad arrivare Miró dopo un lungo
percorso di sperimentazione e riflessione. La maturità gli diede la consapevolezza di poter rappresentare con una macchia, una linea o un punto un intero universo: spogliando l’opera di tutto il superfluo Miró riuscì a far emergere il potere evocativo della semplicità.

La sperimentazione con i materiali – La forza che spinge Miró a utilizzare materiali poco convenzionali comporta sia una violenta trasgressione plastica, sia il superamento della pittura tradizionale ma sempre con il massimo rispetto per la materia, qualunque essa sia, anche quella considerata poco nobile. Questa sezione della mostra presenta dipinti di consistenza materica molto fine e altri assai pastosi, materiali poco ortodossi e grezzi incorporati ad arazzi e sculture di diversi materie e finiture.

LB

Info – www.miromantova.it

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