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SIENA – «Don Carlos, con i primi due Cahier proustiani, è il mio spettacolo più circolabile. Stiamo lavorando per la distribuzione. Con i Teatri di Siena, c’è la proposta Weimar, la città legata a Goethe e Schiller».

Calato con successo il Sipario Blu su ‘Intorno a Don Carlos: prove d’autenticità’, che ha chiuso sul palcoscenico dei Rozzi questo cartellone dei Teatri di Siena, il regista Marco Filiberti, forte dell’apprezzato debutto, valuta il futuro del suo dramma, liberamente tratto dall’opera del poeta tedesco Schiller. La nuova trama alimenta riflessioni.

Nella corte di Filippo II, l’infante Don Carlos, eccentrico ed epilettico, è accusato di incesto con la matrigna, la regina Elisabetta di Valois. Con l’aiuto di Rodrigo, marchese di Posa, il desiderio di autenticità di Carlos è destinato alla liberazione delle Fiandre, oppresse dal Re suo padre. Il complotto, guidato dal Duca d’Alba, ha la meglio sul Principe e sui progetti di Rodrigo. Questa ‘orchestrazione’ sostituisce la versione ‘sinfonica’ a ventitrè personaggi ridotti a cinque: Pietro Bovi, Diletta Masetti, Luca Tanganelli, Massimo Odierna, Giacomo Mattia.

La sua creazione ha superato la libera interpretazione dell’opera di Schiller.
«La mia immersione organica in questo testo che tratta il Sublime innervato nella Storia, pone questioni apparentemente insolubili: i rapporti tra autenticità e ruolo sociale, carne e spirito, essere e dovere, individuo e collettività, purezza e ambizione, poi gli archetipi edipici e il percorso per affrancarsi dagli stessi. Al centro della poetica generata dall’incontro tra me e Schiller c’è l’ostinazione a guardare l’Uomo per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato».

I personaggi?
«Il mio Carlos è un questuante d’amore, orfano ai piedi di un trono mai suo. Capifila, con Parsifal, di una galleria di miei personaggi, figure cristiche abitate da straziante tensione erotica e spirituale, specchio di una sete d’amore mai appagata, puri per il mondo, imbarazzanti per i troni della storia, luminosi per essere ignorati».

Le sue impressioni? I Teatri di Siena?
«Sono e siamo ben più che soddisfatti. Il direttore artistico Vincenzo Bocciarelli, attori, reparti, squadra tecnica, sono stati sensazionali; il pubblico ha risposto con entusiasmo. Sul palcoscenico aleggiava il Duende, il dàimon che abita chi dialoga tra il cielo e la terra».

Don Carlos come si rapporta con le altre sue opere?
«Su un piano tematico c’è una profonda continuità tra Don Carlos e lo sguardo sul mondo che mi accompagna. L’arte, pur allo stremo delle sue forze, deve mostrare l’Uomo per quello che avrebbe potuto essere. Questa visione si può ambire con una poetica che si fa forma compiuta, senza patteggiamenti. La morte di Rodrigo e le vite spezzate di Carlos ed Elisabetta ricordano tutti i martìri della Storia».

Il 26 aprile sarà di nuovo a Siena per ricevere il Premio televisivo e giornalistico Mario Celli.
«Sono onorato del riconoscimento di una città che amo molto e che, dal Premio del pubblico al Terra di Siena International Film Festival per il mio film Il compleanno, mi è stata generosa. Vorrei che queste occasioni, oltre gli aspetti festosi e celebrativi, fossero opportunità per parlare in modo onesto e trasparente oltre se stessi, dello stato di salute dell’arte».

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